martedì, ottobre 03, 2006

CONGRESSO DI ROMA: IMPRESSIONI DI SETTEMBRE.



Avevamo auspicato, per la sessione romana del Congresso, l’unità tra le troppe anime dell’Avvocatura e - almeno formalmente – l’unità c’è stata.
Isolata voce discorde è stata quella dei “fratelli separati” dell’Unione Camere Penali che, con Randazzo, si sono appollaiate sul loro piedistallo in “similoro”, così dimostrando che c’è ancora qualcuno che vive di sogni e di ricordi.
Quello che è mancato, paradossalmente, è stato proprio….il Congresso!
L’affermazione non deve stupire: basti considerare che su 4 giornate di lavori, ben 3 sono state blindate al dibattito, onde consentire ai soliti notabili incartapecoriti le insopportabili passerelle, fatte di triti ed altisonanti paroloni.
Solo durante la giornata gestita dall’OUA si è potuto discutere concretamente (vedremo poi come) dei problemi assillanti che funestano il mondo della Giustizia e, finalmente, votare.
Purtroppo il dibattito politico vero non si è svolto in aula, ma nelle solite “secrete stanze”, e sul palco la discussione ha girato a vuoto, stanca e ripetitiva, nell’assoluta assenza della controparte politica e nel silenzio assordante dei mass-media.
Infine le corpose mozioni ( a causa di un deplorevole guasto alle fotocopiatrici, significativamente già verificatosi a Milano!), sono state messe a disposizione dei congressisti solo verso le ore 18,30, quando le votazioni avrebbero avuto inizio alle ore 19.
A questa evidente e sgradevole forzatura, si sono accompagnate: 1) l’abolizione dell’agile e sicuro voto elettronico, sostituito da quello per alzata di mano; 2) la soppressione degli interventi di sintesi (a favore e contro le mozioni da votare).
Dunque voto “al buio”, per usare il Congresso come comodo “pallio” per coprire e ratificare le solite decisioni prese dall’alto.
Ma, anche così, qualche mozione imposta dai vertici è stata clamorosamente bocciata dai congressisti.
I delegati salernitani non sono stati, però, a guardare: la protesta vivace, anche con uno specifico intervento dalla tribuna, si è fatta sentire, con la minaccia di abbandono dei lavori.
Quel che è sicuro, in conclusione, che è proprio il meccanismo congressuale a dover essere radicalmente riformato, per consentire all’Avvocatura di riappropriarsi della propria massima assise decisionale, oggi mortificata e svilita dalle strumentalizzazioni.
La democrazia, la rappresentanza, sono fatte di partecipazione e di voto consapevole: non tutti coloro che occupano gli attuali vertici dell’Avvocatura sembrano consapevoli di queste elementari acquisizioni, patrimonio comune della nostra cultura
giuridica.

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