venerdì, novembre 09, 2007

Inchiesta Why Not: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso presentato dal pm De Magistris.

Il procuratore generale della Suprema Corte, Gianfranco Ciani, ha spiegato che “la procura generale della Cassazione ha ritenuto che legittimato al reclamo contro il provvedimento di avocazione, ai sensi dell'art. 70 comma 6 bis dell'ordinamento giudiziario, sia soltanto il capo dell'ufficio, cioè il procuratore della Repubblica, non anche gli altri magistrati ad esso appartenenti”.

Il ricorso presentato da De Magistris è stato, dunque, ritenuto “inammissibile”.

Il 29 ottobre scorso il pm di Catanzaro aveva presentato in Cassazione il ricorso contro la decisione del procuratore generale Dolcino Favi di toglierli l’inchiesta Why Not, sul presunto uso illecito di finanziamenti pubblici che vede indagati nomi illustri della politica tra cui, secondo quanto riportato dai media nei mesi scorsi, il presidente del Consiglio Romano Prodi e, come riferito da fonti giudiziarie, il ministro della Giustizia Clemente Mastella.

Era stato lo stesso De Magistris ad annunciare la presentazione del ricorso dopo l’udienza al Consiglio Superiore della Magistratura.

In quella occasione De Magistris aveva denunciato anche che il tentativo di sottrargli le inchieste sugli intrecci tra politica e affari era iniziato nel 2005 e si era concretizzato in più eventi concatenati.

Nelle sette pagine di ricorso, De Magistris ha sostenuto che, al momento dell’avocazione disposta dal pg di Catanzaro Favi, questi non poteva conoscere gli atti e, di conseguenza, non avrebbe potuto togliergli l’indagine.

Tre i punti del reclamo del pm di Catanzaro: L’'inesistenza della sua incompatibilità; l’avere informato il procuratore aggiunto dell’iscrizione di Mastella nel registro degli indagati; l’impossibilità di poter verificare la competenza del Tribunale dei ministri dal momento che l’inchiesta gli era stata tolta.

Su quest’ultimo punto il magistrato ha manifestato perplessità perché, a suo avviso, era ancora da accertare se la condotta ipotizzata nei confronti di Mastella fosse proseguita anche dopo la sua nomina a ministro.