martedì, luglio 15, 2008

Nuova Cassa Forense in alto mare: il comitato dei delegati ha approvato solo metà dell'impianto di riforma.


Due giornate roventi per tirare il freno a mano su alcune norme che dovevano servire a ripartire, soprattutto sui più anziani, il “peso” di una sostenibilità previdenziale che oggi c’è, ma per i giovani è a rischio.
Invece, la riforma della Cassa forense entrerà a regime con tre anni di ritardo, dal 2024 al 2027, mentre si potrà continuare ad andare in pensione a 65 anni senza decurtazioni, purché l’anzianità contributiva raggiunga i 40 anni.
Il comitato dei delegati della Cassa forense ha approvato solo metà dell’impianto di riforma del sistema previdenziale per cui si era riunito in conclave giovedì e ieri. Per il resto se ne riparlerà il 24 e 25 luglio, ma alcuni emendamenti sono stati accettati.
Il primo giorno è stata accolta la modifica che posticipa di tre anni l’entrata a regime dei requisiti di accesso per le pensioni di vecchiaia, con una complessiva revisione della “scala’ che apre il 2012 con il binomio 66 anni di età e 31 di contribuzione sino al 70-35 del 2027.
Ieri, dopo una votazione sofferta, si è deciso che se l’iscritto intende andare in pensione prima dei 70 anni già previsti (ma non prima dei 65) non subirà decurtazioni (5% per ogni anno di anticipo se ha già alle spalle una contribuzione minima di 40 anni.
«Non è una modifica dirompente — spiega il presidente della Cassa forense, Paolo Rosa - perché con il minimo di 40 anni di versamenti non sono molti i colleghi che possono accedere all’anticipo senza penalizzazioni».
Per l’Aiga spiega Valter Militi, c’è «la precisa volontà di non farsi carico dei problemi in un’ottica miope, che rischia di vanificare i tentativi di minori uscite da parte dell’Ente». Infatti, si agirà in parte sulla contribuzione. Approvata, dunque, la norma che introduce una quota modulare di pensione aggiuntiva e contributiva (una sorta di ‘secondo pilastro”).
L’aliquota obbligatoria sarà del 2%: di questo 2% un 1% servirà a riequilibrare i maggiori esborsi per lo slittamento triennale e le anzianità senza decurtazione. L’altro 1% confluirà nella quota modulare che, in regime volontario, si potrà ulteriormente arricchire con una contribuzione aggiuntiva in un range che andrà dall’1 al 9 per cento.
Nessun emendamento, invece, per l’ipotesi di raddoppio del contributo integrativo (dal 2 al 4%).
Infine, con una nuova proposta di modifica, nel progetto di riforma viene inserita l’integrazione della pensione minima se non si supera un certo tetto di reddito. Per gli 80 delegati, di coefficienti di riduzione e contributo soggettivo a carico dei pensionati si ritornerà a discutere alla fine di luglio.
Ma tra le proposte di modifica c’è già chi punta a chiedere l’aumento, dal 70 all’80%, della quota di reversibilità.
Articolo tratto da: Mondo Professionisti

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