martedì, ottobre 07, 2008

SENTENZE E CHIACCHERE DA CAFFE’.


“Ho sentito qualcuno sdegnarsi perché in certe sentenza si è imbattuto in sorprendenti motivazioni che, uscendo dai limiti del caso deciso, pretendevano di dare giudizi storici su eventi o su personaggi politici, o esprimere avversione al regime vigente e rimpianto per quello tramontato.
Ma, in verità, il magistrato che si serve della motivazione della sua sentenza per questi sfoghi politici, scambiando il seggio di giudice con un palco da comizio, cessa di esser magistrato.
Fino a che egli resta nei limiti della causa, la sua opinione – che ha per legge il solenne accento della giustizia – facit de albo nigrum; ma quando si mette a discuter di politica, il bianco resta bianco, anche se nella sentenza egli si ostina a proclamare che è nero.
L’autorità del giudicato rende sacra ed indiscutibile la decisione del magistrato, non le opinioni del politicante, il quale non può servirsi del sigillo giudiziario, che lo Stato gli affida, per dar forma di sentenza alle chiacchere da caffè”.

Piero Calamandrei - “Elogio dei giudici scritto da un avvocato” – pag. 235

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