sabato, novembre 29, 2008

Compatibilità tra pratica forense e lavoro dipendente (Sez. Un., Sent. n. 28170 del 26 novembre 2008).


Con la Sentenza n. 28170 del 26 novembre 2008, le Sez. Unite hanno accolto il ricorso di un praticante che era stato cancellato dall'albo perché era un carabiniere, annullando così la delibera del Consiglio.
L'incompatibilità era stata prima eccepita del Consiglio dell'Ordine, poi confermata dal Consiglio Nazionale Forense ed, infine, annullata definitivamente dalle Sezioni Unite del supremo organo giudicante.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'aspirante avvocato sulla base della circostanza per cui non sussiste in nessun modo incompatibilità tra chi sta imparando la professione, e che ancora non esegue alcun mandato difensivo, ed il lavoro dipendente. Infatti, per i Giudici dette incompatibilità, quelle previste per gli avvocati, «possono essere estese ai soli praticanti ammessi al patrocinio». «Trattandosi di preclusioni volte a garantire l'indipendente svolgimento del mandato professionale», ecco il principio affermato, «le incompatibilità non si applicano ai praticanti non ammessi al patrocinio, che possono essere iscritti nell'apposito registro speciale anche se legati da un rapporto di lavoro con soggetti pubblici o privati».
La decisione del Consiglio dell'Ordine di cancellare dall'albo il ragazzo, a detta della Suprema Corte, «suscita forti perplessità che aumentano ancor di più ove si consideri che precludendo, a chi ne avrebbe i mezzi, la possibilità di migliorare soltanto perché si è trovato nella condizione di aver dovuto accettare un lavoro insoddisfacente o non più adeguato, introduce uno sbarramento non esattamente in linea con i valori fondamentali dell'ordinamento».
Inoltre «Non è infatti infrequente la possibilità», spiega ancora la Cassazione, «che taluno decida di affrontare la pratica e l'esame di avvocato non in vista di un immediato cambio di attività, ma per precostituirsi il titolo necessario al suo futuro esercizio, magari dopo il raggiungimento di una sufficiente anzianità contributiva (e ciò senza tener conto delle possibilità offerte dalla legge n. 662 del 1996 che ha rimosso le incompatibilità fra impiego pubblico part-time e professioni intellettuali)».
Avv. Luigi Modaffari
LaPrevidenza.it, 29/11/2008

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