sabato, dicembre 06, 2008

LA GIUSTIZIA MORIBONDA.


La vicenda dei magistrati di Catanzaro e di Salerno è una tragedia nazionale.
1) Se le indagini conducessero alla conclusione che nessuno ha commesso reati, molti penserebbero: sono riusciti ad insabbiare tutto.
Gli italiani sono abituati da troppi anni a sentir parlare di scandali, di inchieste che dovrebbero sconvolgere il mondo e che invece finiscono in nulla. Ormai certe iniziative somigliano all'Uebi Scebeli, quel fiume africano che spesso non arriva al mare perché evapora prima.
Dal momento che tutti sono colpevoli, dal Presidente del Consiglio Prodi in giù, ci hanno messo una pietra sopra: ecco che cosa si penserebbe. L’errore l’ha commesso De Magistris che ha osato scoperchiare la pentola: e per questo è stato punito.
2) Se le indagini giungessero alla conclusione che sono tutti colpevoli, significherebbe da un lato che i magistrati di Catanzaro hanno commesso una montagna di reati gravissimi per favorire gli amici e i politici, e dall’altro che quelli che indagavano su quei misfatti avevano anche loro parecchi scheletri nell’armadio.
I magistrati di Salerno li consideravano talmente “normali” da non temere la ritorsione dei colleghi calabresi. La conclusione generale sarebbe che il più pulito ha la rogna e che tra magistratura e Cosa Nostra ci sarebbe, come unica differenza, il fatto che nella prima gli affiliati hanno la laurea.
3) Se le indagini affermassero la colpevolezza dei soli magistrati di Catanzaro sarebbe la soluzione meno traumatica.
Si potrebbe infatti dire che la magistratura possiede ancora al suo interno sufficienti anticorpi per difendersi dalle infezioni più gravi. Ma non per questo l’esito sarebbe meno tragico.
Rimarrebbero infatti molti interrogativi. Come mai questi magistrati poterono bloccare le inchieste di De Magistris senza che questo suscitasse alcuno scandalo? Ci sono dunque interi palazzi di giustizia in cui i magistrati, i cancellieri e perfino gli uscieri sono conniventi nel malaffare? Un giudice, infatti, può disporre l'archiviazione di un procedimento a carico di un amico solo se può contare sul silenzio di decine di colleghi e collaboratori.
Diversamente bisognerebbe pensare che il sistema mafioso della magistratura sia così radicato, che nessuno si azzarda a denunciarlo. A chi, del resto? Ad un amico di questi amici? E ancora: come mai il Csm non ha fatto il suo dovere, indagando subito, in modo che le cose non andassero tanto lontano da giungere all’attuale scandalo?
Perché si è premurato di trasferire De Magistris prima di vedere se per caso, invece di essere un reprobo, non fosse una vittima? Come è potuto avvenire che gli illeciti non siano stati commessi da un solo magistrato ma da parecchi, fino a fare ipotizzare una consorteria para-mafiosa, in cui gli interessi e gli scopi comuni prevalgono disinvoltamente sul diritto?
E siamo sicuri che ciò che è successo a Catanzaro sia successo solo a Catanzaro e solo questa volta? Che fiducia possiamo avere in una magistratura soggetta ad interessi di parte, economici e politici?
4) C’è poi l’ipotesi che le indagini provino l’innocenza dei magistrati di Catanzaro.
In questo caso sarebbe confermato che De Magistris è un magistrato indegno e vagamente calunniatore e che quei colleghi calabresi hanno fatto bene a bloccarne l’azione.
Ma le perplessità si addenserebbero scurissime sui magistrati di Salerno. Essi hanno delegittimato l’intero Tribunale di un capoluogo di regione. Hanno fatto entrare i carabinieri negli uffici dove si amministra la giustizia per sequestrare i documenti.
Hanno emesso tanti avvisi di garanzia e formulato tante di quelle accuse che la metà sarebbe bastata per far crollare la fiducia degli italiani nei loro giudici.
Dunque ci sarebbe da parte loro una sorta di impazzimento, di delirio di onnipotenza, di persecuzione paranoide del presunto colpevole di turno. Si tornerebbe all’ipotesi berlusconiana per cui non raramente chi per mestiere fa l’accusatore rischia la salute mentale.
La sintesi è semplice. Comunque vada, è chiaro che la giustizia italiana non è malata, come dicono: è moribonda.
Al punto che non si riesce ad immaginare quale rimedio potrebbe guarirla.
Gianni Pardo
giannipardo@libero.it

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