venerdì, aprile 16, 2010

ONORARI: È VINCOLANTE IL PARERE DELL'ORDINE?


Cassazione, Sez. II, 15 febbraio 2010, n. 3463
"Per quanto attiene alla liquidazione della parcella professionale, vale osservare che non è vincolante il parere del competente Consiglio dell'Ordine professionale di appartenenza, che costituisce una semplice dichiarazione unilaterale, di tal che nell'ordinario processo di cognizione spetta al professionista fornire la prova dell'effettività delle prestazioni prestate e al giudice il potere-dovere di verificarne la fondatezza di fronte alla contestazione anche generica da parte del cliente".



Cassazione, Sez. II, 15 febbraio 2010, n. 3463
(Pres. Schettino – Rel. Malzone
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 4.2.1991 il Comune di Silvi proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo di pagamento della somma di lire 67.807.000, oltre IVA e CAP, emesso dal Presidente del Tribunale dell'Aquila su istanza dell'avv. Omissis per crediti professionali, eccependone l'eccessività, perché emessa sulla base di un'operazione tra minimi e massimi tariffari, senza tener conto dell'effettiva attività professionale realmente prestata.
Il Tribunale dell'Aquila con sentenza n. 90/96, revocato il decreto ingiuntivo, dichiarò che all'avv. Omissis competevano lire 8.000.000, quanto alla fase svoltasi dinanzi al T.R.A. e lire 7.500.000 quanto alla fase svoltasi davanti al Consiglio di Stato, compensando le spese.
La Corte di Appello dell'Aquila con sentenza n. 764/03, depositata il 23.9.03, sull'appello proposto dall'avv. Omissis, dichiarava la nullità della sentenza impugnata, perché emessa in assenza della richiesta di spedizione a sentenza della causa da parte dei difensori delle parti; ma, decidendo nel merito, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava il Comune di Silvi a pagare all'avv. Omissis la somma di Euro 10.027,73 oltre IVA e interessi legali; compensava per la metà le spese dei due gradi di giudizio e poneva l'altra metà a carico del Comune di Silvi.
Per la cassazione della decisione ricorre l'avv. Omissis esponendo tre motivi. Nessuna difesa è stata svolta dall'intimato.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 5 legge n. 2248/1865 All. E e per difetto di motivazione nella parte in cui ha immotivatamente disapplicato il parere del Consiglio dell'Ordine, pur in assenza di contestazione circa l'effettivo svolgimento di quelle prestazioni.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 2233 c.c. e dell'art. 5 tariffa professionale forense del 1985, nonché difetto di motivazione, perché, pur avendo ritenuto che l'opera prestata dall'avv. Omissis, a prescindere dal risultato conseguito, dovesse essere valutata come importante per le questioni trattate, aveva liquidato l'onorario di primo grado al di sotto di un terzo dell'onorario medio e quello di appello meno di un quarto dell'onorario medio.
Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione del DM. 14.2.1992 n. 238, per non avere riconosciuto la rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma liquidata, bensì i soli interessi legali a far data dalla pubblicazione della sentenza.
Ben vero, per quanto attiene alla liquidazione della parcella professionale, vale osservare che non è vincolante il parere del competente Consiglio dell'Ordine professionale di appartenenza, che costituisce una semplice dichiarazione unilaterale, di tal che nell'ordinario processo di cognizione spetta al professionista fornire la prova dell'effettività delle prestazioni prestate e al giudice il potere-dovere di verificarne la fondatezza di fronte alla contestazione anche generica da parte del cliente (Cass. 31 marzo 2008 n. 8397).
Per quanto attiene la seconda e terza questione, la regola posta dall'art. 6 della tariffa professionale, secondo la quale, nelle cause di pagamento somme o liquidazione di danni, in parziale deroga al principio della determinazione del valore della controversia ex art. 10, si deve aver riguardo alla somma in concreto attribuita alla parte vincitrice anziché a quella domandata, è interpretata nel senso che la somma da considerare è quella riconosciuta spettante con riferimento alla domanda medesima, con la conseguenza che non possono essere computati la rivalutazione, gli interessi, le spese e i danni successivi alla proposizione della domanda giudiziale di primo grado (Cass. 4, febbr. 2005 n. 2274).
Ne consegue il rigetto del ricorso, senza statuizione sulle spese del presente giudizio, stante l'assenza dell'intimato.

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