martedì, settembre 28, 2010

Alpa: “Il governo ci esclude dalla riforma della giustizia”.


Un manifesto molto simile a un "j'accuse" contro il governo e la sua politica in tema di giustizia. A firmarlo, stavolta, non sono i magistrati ma gli avvocati, che hanno fatto quadrato intorno al Consiglio Nazionale Forense.
E proprio il suo presidente, Guido Alpa, lancia adesso l'affondo accusando la politica di aver colpevolmente dimenticato i "professionisti della legge" e annuncia una mobilitazione ancora più ampia in occasione della riunione del Congresso nazionale che si terrà a Genova nel novembre prossimo. Si tratta di una totale marcia indietro rispetto alla disponibilità e alle speranze suscitate nella categoria dall’intervento iniziale del ministro Alfano.
Presidente, nel manifesto che avete sottoscritto si accusa il governo di "emarginare l'avvocatura". Perché?
«Prima di tutto il Governo ci sta tenendo alla larga dalla riforma della giustizia, senza ascoltare le nostre proposte e le nostre idee. In secondo luogo si è disinteressato alla riforma del nostro ordinamento professionale, dopo che altre categorie come quella dei notai, dei commercialisti e dei medici sono state riformate. Questo stupisce perché si tratta di un'indifferenza che non tiene conto del ruolo ricoperto dagli avvocati nella società civile. Iniziando dal Parlamento, dove gli avvocati sono circa ISO, fino ai consigli di amministrazione di banche, assicurazioni e imprese dove la categoria è ampiamente rappresentata Anche per questo ci sentiamo traditi».
Parliamo della riforma della giustizia. Cosa non va bene del testo elaborato dal governo?
«La giustizia italiana vive una situazione gravissima che ha bisogno di misure drastiche. L'attuale bozza di riforma della giustizia appare totalmente inadeguata, sia nel merito che nel metodo. Parlando del metodo, nella sua stesura non sono stati interpellati gli avvocati, che sono parte fondamentale del mondo della giustizia. Nel merito, invece, è necessario un maggior stanziamento di risorse economiche perché è impossibile risolvere il problema della giustizia italiana sola attraverso interventi normativi. Dal 1940 ad oggi il Codice di Procedura Civile è stato modificato da legislatore ben 18 volte e i problemi più annosi sono ancora tutti da risolvere. Serve un maggior investimento da parte dello Stato, ma anche più risorse umane. Oggi il sistema si regge su circa 8.000 giudici togati e tra i 5 e i 7.000 giudici onorario laici, che sono ex-magistrati esterni all'organico e che di fatto dovrebbero ricoprire solo un ruolo di sostegno. In realtà la figura del giudice onorario venne introdotta circa 20 anni fa con un carattere di provvisorietà, ma è tuttora vigente".
Quali sono le vostre proposte per risolvere le lungaggini processuali e l'intasamento della giustizia?
«Aumentare le tipologie di controversie che possono essere risolte attraverso l'arbitrato. In questo senso gli ordini professionali degli avvocati possono organizzarsi come camere arbitrali, Oltre a questo siamo anche d'accordo nell'ampliare l’istituto della conciliazione».
Eppure siete stati molto critici verso la bozza di riforma governativa che vuole favorire il ricorso alla conciliazione ...
«Abbiamo detto no a quella proposta perché prevede, a nostro avviso, un ricorso obbligatorio alla conciliazione senza specificare bene per quale genere e tipo di controversie e soprattutto permette di ottenere il titolo di conciliatore anche a giovani che hanno seguito solo il corso di laurea triennale. Inoltre, se è vero che il conciliatore può avanzare una proposta di soluzione della controversia alle parti, vogliamo che questa proposta sia fatta da una persona competente e che conosca bene il diritto, ma soprattutto che sia prevista la presenza di un avvocato, in grado di consigliare le parti sull' effettiva validità e convenienza della proposta stessa».
Prima dell'estate il governo aveva messo mano alla riforma dell'ordinamento forense. A che punto siamo oggi?
«Nel giugno scorso il Senato aveva approvato la proposta di legge. Il testo è stato discusso in aula ma la sua votazione finale è stata sospesa. E ancora oggi non se ne sa nulla. Ci sentiamo traditi dal governo e ci chiediamo perché tanta lentezza, quando sono stati già riformati gli albi di molte altre professioni, come notai, commercialisti, medici. Tanto più che si tratta di un provvedimento urgente: ogni anno 15 mila nuovi avvocati fanno il loro ingresso in un mercato saturo, che ormai ha poco da dare. Per questo vorremmo cambiare le modalità di accesso alla professione, richiedendo più competenza a chi entra ma anche verificando quanti degli attuali 230 mila avvocati italiani svolgono realmente la professione ».
Qual è stata la vostra risposta alle lungaggini della politica?
«Il Consiglio Nazionale Forense intervenuto direttamente laddove la normativa lo permette,ossia sulla deontologia dell'avvocato. Abbiamo predisposto un nostro testo in approvazione proprio questi giorni, all’interno del quale è prevista l’istituzione di corsi formativi per approfondire materie specifiche. Conclusi i corsi, sarà il Consiglio ad assegnare il titolo ai partecipanti. L’ auspicio è che una maggiore specializzazione della professione consenta ai giovani di entrare nel mercato con più forza e più opportunità. Insomma, laddove lo Stato manca, ci siamo organizzati privatamente”.
Daniele Autieri
Data: 28/09/2010 Fonte: LA REPUBBLICA - Affari e Finanza

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