lunedì, aprile 11, 2011

LA MEDIA CONCILIAZIONE: Suggerimenti applicativi ai Colleghi.


Senza che sia necessario attendere la declaratoria di incostituzionalità della legge che istituisce la mediaconciliazione, è possibile proporre innanzi ai Giudici ordinari una istanza di disapplicazione (ex artt. 4 e 5 L. 2248/1965) di tale normativa per contrarietà al “diritto dell'Unione europea direttamente applicabile”.
(La medesima istanza, subordinatamente, potrà contenere la proposizione di eccezione di incostituzionalità).
In relazione alla istanza di disapplicazione occorrerà richiamare il principio in forza del quale il diritto dell'Unione Europea direttamente applicabile osta alla applicazione di una normativa nazionale se quest’ultima è sproporzionata rispetto al fine che persegue, e se, nel caso di specie, sacrifica la professione forense (e quindi i diritti dei cittadini utenti del mercato legale).
Nell’ottica della individuazione della esistenza della sproporzione e del sacrificio sopra indicati andrà richiesto al Giudice di valutare, in relazione al singolo giudizio, se sussistono ragioni imperative di interesse pubblico in grado di giustificare la restrizione dell’attività dell’Avvocato, in favore della creazione del mercato protetto ed esclusivo dei mediatori.
Il Giudicante dovrà valutare se l’ordinamento della professione di Avvocato già garantisce la realizzazione delle finalità della mediaconciliazione.
Si potrà precisare, inoltre, che la Corte di giustizia (sentenza del 14 settembre 2010 nella causa C-550/07, Akzo Nobel Chemicals Ltd contro Commissione) ha chiarito che “organo dell’amministrazione della giustizia” può esser definito solo un avvocato non legato da rapporti di impiego, nemmeno parasubordinato.
La normativa sulla mediaconciliazione ha creato, invece, la figura del mediatore come strutturalmente, gerarchicamente e funzionalmente dipendente dall'organismo di mediazione cui appartiene.
La (para)subordinazione del mediatore è comprovata dalla assenza di rischio economico in capo al suo ruolo e dal suo inserimento nella organizzazione produttiva dell’organismo di mediazione.
Poiché l’attività demandata al mediatore è ad alto contenuto professionale, per considerare pienamente sussistente la sua subordinazione, non è necessario nemmeno che vi siano esplicite direttive del datore-organismo o l’assoggettamento al suo controllo (come rinvenibile da qualsiasi agevole screening giurisprudenziale).
Sarà pertinente il richiamo a quanto statuito dalle Sezioni Unite della Cassazione che, con sentenza n. 14810 del 24.06.2009, hanno riconosciuto che, in tema di incompatibilità con la professione di avvocato, non rileva la natura, subordinata o autonoma, del rapporto di lavoro, bensì la sua relativa stabilità, e cioè la mera configurabilità di un "impiego".
Ultimo elemento - idoneo a sostenere la sproporzione e la lesività della normativa nazionale rispetto a quella comunitaria, al fine di suscitare l’esercizio della potestà di disapplicazione - è costituito dalla circostanza che gli Avvocati non mediatori potranno richiedere il risarcimento del danno dagli stessi patito in conseguenza della entrata in vigore della mediaconciliazione.
Il Consiglio di Stato, infatti, con sentenza n 7124 del 24.09.2010, ha riconosciuto la risarcibilità in via equitativa del danno da adozione di legislazione incompatibile col diritto comunitario.
Se l’istanza di disapplicazione, come sopra (succintamente) argomentata non verrà accolta dal Giudice, la normativa contestata andrà mandata innanzi alla Corte costituzionale, per le sette ragioni di incostituzionalità già individuate dall’O.U.A.
Avv. Giuseppe Clima
(del Foro di Foggia)

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