venerdì, luglio 29, 2011

Spigarelli (Ucpi): Custodia cautelare in carcere sia eccezione.


Roma, (TMNews) - "Sottoscrivo parola per parola quanto detto dal primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo e dal giudice costituzionale Giorgio Lattanzi sulla custodia cautelare, e cioè che buona parte dei magistrati la applicano come criterio di difesa sociale: ma se ciò è vero, allora c'è bisogno come il pane di una riforma che garantisca la terzietà del giudice".
E' quanto dichiara Valerio Spigarelli, presidente dell'Unione Camere penali, nel corso del convegno sulla giustizia promosso dai Radicali al Senato.
Per il leader dei penalisti, in sostanza, la riforma per la separazione delle carriere è "indispensabile perché qualificante rispetto alla cultura materiale e alla qualità della giustizia".
Quanto alla custodia cautelare, Spigarelli avverte: "Bisognerebbe renderla per legge realmente eccezionale. In altri termini, la regola dovrebbe essere quella degli arresti domiciliari, limitando il carcere ai casi marginali di pericolosità sociale".
Peraltro, il presidente Ucpi indica tra gli interventi immediati per ridurre il sovraffollamento penitenziario "l'abrogazione della legge Cirielli e la modifica della Fini-Giovanardi".
Per Spigarelli, infine, "una cosa non va fatta per portare avanti la riforma: aprire un tavolo sindacale con la magistratura, associata o non,perché questa sarebbe la pietra tombale della riforma stessa, come è già successo in passato".

giovedì, luglio 28, 2011

OUA: NITTO PALMA FORMIDABILE SCELTA PER RISOLVERE NODI GIUSTIZIA.


(AGI) - Roma, 28 lug. - “La nomina di Francesco Nitto Palma a Ministro della Giustizia rappresenta una formidabile scelta per affrontare concretamente i nodi dell’amministrazione della giustizia. I migliori auguri di buon lavoro e la disponibilita’ dell’avvocatura a cooperare nello spirito riformatore del Governo”.
Questo il messaggio del presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Maurizio de Tilla, dopo la nomina a ministro della Giustizia del senatore Francesco Nitto Palma.
Il presidente dell’Oua ha invitato il nuovo Guardasigilli a incontrare l’avvocatura e confermato la disponibilita’ ad un dialogo effettivamente costruttivo: “Siamo pronti a incontrare il neo ministro per prospettare le preoccupazioni dell’avvocatura sui problemi della giustizia civile e dell’arretrato giudiziario, nonche’ per illustrare il significato della richiesta di abolizione della mediaconciliazione al vaglio della Corte Costituzionale. In tale occasione l’Oua illustrera’ le proposte per una migliore riorganizzazione della macchina giudiziaria, a partire dal Decalogo presentato nell’ambito del Patto per la Giustizia che prevede, tra gli altri spunti, la razionalizzazione degli uffici giudiziari, la riforma del giudice laico, la reale informatizzazione dei tribunali, un serio impulso al processo telematico, l’estensione delle ‘best practice’, il ricorso all’aziendalizzazione e ai manager per il miglior funzionamento del sistema”. (AGI)

mercoledì, luglio 27, 2011

Vietti (CSM): "Ordini professionali da difendere".

E' Nitto Palma il nuovo Guardasigilli.


Roma - E' Francesco Nitto Palma il nuovo ministro della Giustizia. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dopo una mezz'ora di consulto con il premier Berlusconi al Quirinale, ha firmato il decreto per l'avvicendamento alla guida del ministero di via Arenula, dopo che in giornata c'era stata la formalizzazione delle dimissioni dall'incarico di governo da parte di Angelino Alfano, neo segretario politico del Pdl.
La nomina a ministro fa decadere quella a sottosegretario all'Interno, sino ad oggi ricoperta da Nitto Palma.
Ma chi è il nuovo Guardasigilli?
Romano di origini siciliane, il successore di Angelino Alfano al dicastero di via Arenula ha finora ricoperto l’incarico di sottosegretario all’Interno.
Chi lo conosce parla del neo ministro della Giustizia come di un decisionista che affronta i problemi, ma abituato all’ascolto e alla mediazione.
Ex sostituto della Procura di Roma, ha intrapreso l'attività politica con l'adesione a Forza Italia.
È stato eletto deputato nel 2001, come candidato della Casa delle Libertà nel collegio uninominale di Oderzo, nella circoscrizione Veneto II.
Nella XIV Legislatura è stato presidente della Commissione Giurisdizionale per il Personale alla Camera dei deputati, membro della Commissione Affari Costituzionali.
E' stato componente della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, della commissione di inchiesta sulla vicenda Telekom-Serbia, della commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e componente della commissione Giustizia quale relatore del disegno di legge sull’ordinamento giudiziario.
Nel 2006 è stato eletto al Senato della Repubblica per le liste di Forza Italia in Lombardia: è stato vice-presidente della Commissione Affari Costituzionali.
Nel 2002 è stato promotore di un emendamento per dare l'immunità ai parlamentari: secondo la sua proposta, i processi a carico dei parlamentari sarebbero stati sospesi fino al termine del mandato.
Nel 2008 è stato rieletto senatore come capolista del Popolo della Libertà in Calabria ed è stato nominato sottosegretario al Ministero dell'Interno nel Governo Berlusconi IV.
Attualmente aveva la delega al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile.
Nel 2006 è stato eletto al Senato e ha ricoperto l’incarico di sostituto procuratore nazionale antimafia, ed è stato vicecapo di gabinetto e direttore dell’ufficio Relazioni internazionali del ministero di Grazia e giustizia.
Di lui i giornali ricordano la stretta amicizia con Cesare Previti ma anche quella con l’attuale presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara.
Ex sostituto procuratore della Repubblica, pubblico ministero di lungo corso, Palma ha preso parte a processi che hanno fatto la storia del Paese, da Aldo Moro ai Nar, dal caso Gladio al "piano Solo" e ai giustizieri di Gheddafi.
Ha preso inoltre parte a processi di criminalità organizzata (Pizza connection, Green ice, guerra di mafia a Reggio Calabria).

"Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io!"

CNF: approvazione immediata riforma alla Camera, per difendere l'autonomia dell'Avvocatura.


Roma (TMNews) - L'avvocatura fa quadrato sulla riforma della professione forense e ne chiede l'approvazione immediata da parte della Camera.
E' quanto emerso da una riunione del Consiglio nazionale forense per fare il punto "dopo i tentativi di aggressione - si legge in una nota del consiglio nazionale forense - tramite una liberalizzazione selvaggia, alla professione durante l'esame della manovra finanziaria e assumere le iniziative necessarie".
"E' necessario salvaguardare ad ogni costo la qualità, la deontologia e l'efficienza della professione - ha dichiarato il presidente del Cnf Guido Alpa - Siamo accanto ai cittadini e quindi anche alle imprese. Ma non vogliamo essere dominati dal sistema economico. Per questo - ha aggiunto - dobbiamo difendere, anche con la riforma, l'autonomia e indipendenza dell'avvocatura".

OUA: SÌ ALLA RIFORMA FORENSE RICONOSCENDO AGLI AVVOCATI IL RUOLO DI SOGGETTO COSTITUZIONALE . ABOLIRE LA BERSANI CON RIPRISTINO MINIMI DI TARIFFA.


Roma, 26 luglio 2011 - L’Organismo Unitario dell’Avvocatura-Oua interviene sui temi caldi del confronto politico sulle libere professioni, sui progetti di legge in discussione in Parlamento sull’ordinamento forense e su quelli avanzati in queste settimane dal Governo sulle liberalizzazioni.
«Innanzitutto la riforma dell’ordinamento forense va portata avanti con speditezza – sottolinea il presidente Oua, Maurizio de Tilla – allo stesso tempo va riconosciuto all’avvocatura il ruolo di soggetto costituzionale. La riforma in itinere contiene l’abrogazione della Bersani prevedendo i minimi di tariffa, il ripristino del divieto del patto di quota lite, l’esclusione di soci di capitale, l’incompatibilità tra impresa e esercizio della professione».
«Va eliminato qualunque collegamento, ai fini dell’iscrizione, tra iscrizione e reddito professionale. Non si possono espellere dagli albi giovani avvocati che non hanno più nemmeno adeguati mezzi di sostentamento».
«Infine – conclude de Tilla – è giunto il momento di mettere in cantiere seri cambiamenti per ridare slancio alla professione forense aprendo le porte a riforme che consentano la partecipazione estesa a tutti».

martedì, luglio 26, 2011

Manca la carta negli uffici giudiziari: Tribunale La Spezia rischia blocco.


LA SPEZIA (ANSA)- "Siamo pronti ad aiutare il Tribunale della Spezia, ma è impensabile che un Governo che si reputa all'avanguardia nella riforma giudiziaria possa ridurre ai minimi termini le funzionalità delle proprie strutture".
Il presidente della Provincia della Spezia, Marino Fiasella, raccoglie l'invito del presidente del tribunale spezzino Edoardo D'Avossa, che in una lettera alle istituzioni - anticipata oggi nelle pagine locali del Secolo XIX - aveva lanciato l'allarme sulla mancanza di carta negli uffici giudiziari sottolineando il rischio del blocco dell'attività amministrativa.
Fiasella, che promette di aiutare il Tribunale, non lesina critiche al Governo.
"Da cittadino - dice - non posso che provare sdegno per l'ennesimo segnale di decadimento degli organi statali, senza dubbio frutto dell'opera di impoverimento istituzionale portato avanti dal Governo. E' vergognoso che chi da tempo sta portando avanti il proprio disegno di riforma della giustizia sia lo stesso che non riesce a far funzionare degnamente l'attività dei tribunali: dopo l'impoverimento della scuola, con le maestre costrette a far portare da casa ai propri alunni materiale e carta igienica - conclude - ora è il 'turno' della giustizia".

Prende fuoco un auto parcheggiata? L’assicurazione deve pagare i danni.


I danni derivati ad un terzo a causa di un incendio di veicoli in sosta in un area pubblica devono essere risarciti dall’assicurazione.
La sosta di un veicolo in una pubblica area, infatti, integra la fattispecie della circolazione stradale, e quindi, l’assicurazione obbligatoria è tenuta alla copertura dei danni derivanti da un incendio di altre automobili parcheggiate.
Così la Cassazione, sezione terza civile, ha precisato con l'interessante sentenza del 13 luglio 2011, n. 15392.

La quaestio concerneva il proprietario di una vettura, il quale chiedeva alla compagnia di assicurazione il risarcimento del danno derivato da un incendio di un veicolo parcheggiato.
In primo grado tale richiesta dell’attore veniva accolta; in grado di appello la decisione veniva riformata, con la esclusione della applicabilità della disciplina sulla circolazione stradale e, quindi, sull’assicurazione obbligatoria, poiché le vetture coinvolte nell’incendio erano parcheggiate.
Il soggetto contestava con ricorso in Cassazione; la sosta del veicolo deve essere equiparata al concetto di circolazione.
I giudici della Corte accolgono tale doglianza precisando che in tema di responsabilità civile automobilistica la sosta del veicolo a motore su di un’area pubblica (o comunque ad essa equiparata) integra il concetto di circolazione, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 2054 c.c. e della legge n. 990 del 1969 e succ. mod. (d.lgs. 209/2005).
Da ciò ne consegue il diritto al risarcimento del danno derivato ai terzi salvo che sia intervenuta una autonoma causa, ivi compreso il caso fortuito, che abbia determinato l’evento dannoso.
Costituisce, invero, un dato giurisprudenziale ormai acquisito, il fatto che la sosta su area pubblica o ad essa equiparata "è" essa stessa circolazione, non potendo questa restrittivamente intendersi di veicolo in movimento." (oltre alla sopra citata sentenza, si veda anche Cass. civ. sez. III, sentenza 11 febbraio 2010, n. 3108, nonchè Corte cost. 14 aprile 1969, n. 82)
Tuttavia la responsabilità dell'assicurazione e' esclusa:"se l'incendio che si propaga da un veicolo in sosta su area pubblica sia stato appiccato dolosamente, le conseguenze dannose che ne siano derivate ai terzi non possono essere eziologicamente ricollegate alla circolazione stradale, con la conseguenza che in tal caso l'assicuratore per la responsabilità civile del veicolo, dal quale si è propagato l'incendio, non risponde del azione diretta nei confronti dei terzi danneggiati, privi dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore."

CNF: presentazione Rapporto “Avvocati italiani per la ripresa”.


Roma- Nel corso della mattinata il Presidente del CNF Alpa ha presentato il Rapporto Avvocati italiani per la ripresa. Economia e giustizia. Un lavoro di “proposta responsabile” per rilanciare l’efficienza del sistema giustizia e di confutazione di alcuni soliti, tralatrici cliché di una giustizia lenta per responsabilità dell’elevato numero degli avvocati, ripresi anche da recenti rapporti e analisi di natura economica.
“Occorre avviare un dibattito senza pregiudizi, senza condizionamenti e senza presunzioni di mala fede”, ha sottolineato Alpa richiamando tutti gli operatori alle loro responsabilità, ha sottolineato il presidente Cnf Guido Alpa, “ “L’avvocatura è disposta a collaborare e responsabilmente avanza le sue proposte, ma occorre fare chiarezza in un dibattito che si presenta affastellato e confuso”, ha detto Alpa.
“E poi non si possono fare né riforme a costo zero né continue riforme dei codici di procedura senza un disegno organico: negli ultimi anni se ne contano 20 ma la situazione non è migliorata”. A ogni intervento sui codici, infatti, magari con norme poco chiare, corrisponde una “giurisprudenza arroventata e tormentata”.
Alpa richiama anche la responsabilità degli operatori economici: “Non sono gli avvocati che alimentano artatamente il contenzioso e occorrerebbe capire quanti dei procedimenti siano imputabili alle imprese: queste spesso si dolgono degli alti costi del contenzioso ma dimenticano che spesso il contenzioso è alimentato da loro stesse. Si pensi ai rapporti con i consumatori”, le clausole vessatorie, la distribuzione di prodotti finanziari in default etc. E poi vi sono i casi della “illegittima attività anche materiale della pubblica amministrazione”, ricorda Alpa.
Il rapporto dell’Ufficio studi analizza i lavori di Confindustria (da ultimo, La giustizia più veloce accelera l’economia- Giugno 2011), Bankitalia, Banca mondiale, Cepej per rilevare che a volte alcune tesi (vedi “l’eccessiva litigiosità dipende dall’elevato numero di avvocati”) sono apodittiche e non comprovate. “Sono ingenerose ed eccessivamente semplificanti analisi”, si legge nella sintesi.
Tra l’altro il Cnf rileva anche delle contraddizioni tra i diversi enti: se per esempio l’argomento per cui la notevole litigiosità italiana dipende dall’elevato numero di avvocati è comune a Confindustria e a Bankitalia, tuttavia questa ultima lo pone alla base di riflessioni che mettono in luce la debolezza della soluzione proposta dalla prima: si dice infatti che l’elevato numero di avvocati produce litigiosità proprio in quanto aumenta la concorrenza tra avvocati, che dunque non può essere la soluzione al problema. Quanto alle cicliche obiezioni sulla presunta anticoncorrenzialità delle tariffe e del loro metodo di calcolo e dell’esame di accesso, il Rapporto del Cnf rileva come la Corte di Giustizia delle Comunità europee abbia sempre salvato le une (sentenze Arduino-2002 e Cipolla Macrino-2006) e l’altro ( ordinanza del 17 febbraio 2005, in causa C-250/03, che ha escluso l’esistenza di profili anticoncorrenziali nella partecipazione degli avvocati alle Commissioni d’esame per l’accesso alla professione forense, ritenendo, anzi, tale partecipazione rispondente ad un motivo imperativo di interesse generale costituito dalla necessità di valutare nel miglior modo possibile le attitudini e le capacità dei soggetti chiamati ad esercitare la professione grazie all’esperienza professionale che li rende particolarmente idonei a valutare i candidati rispetto alle esigenze specifiche della professione. D’altronde, il rapporto Cepej, che valuta le perfomances giudiziarie dei paesi della Ue, pur rilevando un elevato numero di iscritti agli ordini forensi in Italia rispetto alla media europea, sottolinea che l’incremento del numero di avvocati dal 2004 al 2008 è un dato comune a tutti i paesi considerati.
Il Rapporto Cnf individua due criticità nelle tesi di Confindustria.
La prima è l’equazione “semplificazione=efficienza”, che non è sempre vera nel mondo del diritto. “Il diritto, anche quello processuale, non può prescindere dalla valorizzazione delle specificità del caso concreto”, rileva il Cnf.
La seconda è l’ idea che la giustizia si debba amministrare secondo un metodo economico.
“Che la giustizia civile versi in una crisi gravissima è dato di assoluta evidenza. Il punto è che l’avvocato è una vittima di tale crisi, e non un suo artefice”, obietta il Cnf. “ In ogni caso, ricorrere alla lungaggine dei processi per sottrarsi alle regole è una tecnica che può essere condotta più facilmente dalla parte economicamente più forte: tra il consumatore e la grande impresa, o tra il dipendente e la grande impresa, è evidente quale sia la parte più forte del rapporto. Se così non fosse non sarebbero state inventate le clausole vessatorie. Insomma, delineare le imprese come operatori virtuosi vittime di avvocati senza scrupoli e di debitori maliziosamente insolventi assomiglia più ad una caricatura che ad una rappresentazione della realtà. A meno di non indulgere in una sorta di manicheismo per cui il bene ed il male siano sempre tutti solo da una parte”.
Quanto alla corrispondenza tra cattivo funzionamento della giustizia e rachitismo dei mercati finanziari, avverte il Cnf, spesso sono i mercati finanziari che funzionano male: rapporti non sempre limpidi tra banche ed industrie, in un contesto segnato da partecipazioni incrociate che determinano un capitalismo oligarchico, basato su legami personali, di fiducia e d’interessi che intrecciano gli esponenti del c.d. “salotto buono”.
Altri fattori problematici sono il comportamento scorretto degli emittenti i titoli e degli intermediari che inducono spesso i risparmiatori ad investire in strumenti finanziari senza segnalarne adeguatamente la rischiosità o, peggio, pongono in essere delle vere truffe, come nel caso dei derivati venduti alle amministrazioni locali, o alle recenti cronache romane delle truffe del “Madoff dei Parioli”).
“Non vi è dubbio, tuttavia, che possono esserci casi di avvocati che alimentano la litigiosità magari inducendo cittadino o imprese a fare causa. Proprio per questo motivo il codice deontologico forense colpisce l’accaparramento di clientela, e pone limiti alla pubblicità degli avvocati, a protezione dell’affidamento della collettività”, rileva il rapporto.
Da qui l’ennesima contraddizione in cui incorre Confindustria: “Vi è incoerenza tra il puntare l’indice sull’esistenza di avvocati che persuadono il cliente a fare causa e la predicazione di una liberalizzazione acritica della pubblicità dell’avvocato”, specifica la sintesi.
Circa la “serrata critica all’eccessivo numero di avvocati”, per il Cnf il rapporto Confindustria tradisce un vizio logico: “secondo il verbo del principio di concorrenza, un maggior numero di operatori garantisce un’apertura concorrenziale del sistema e, almeno in tesi, una maggiore competizione in grado d’innescare virtuosismi preziosi per i fruitori del servizio, sia in termini di qualità del servizio offerto, sia in termini di minori costi. Eppure il dato dell’eccessivo numero degli avvocati è indicato come fattore estremamente negativo. C’è qualcosa che non quadra. Specie da quando (2006) i minimi tariffari sono stati abrogati, l’alto numero di avvocati dovrebbe favorire (ed in effetti favorisce, gli avvocati che esercitano lo sanno) un abbassamento dei prezzi delle prestazioni. A questo proposito troppo forte è la tentazione per non chiedersi quali effetti abbia avuto sul PIL italiano l’abrogazione dei minimi tariffari. È passato qualche anno (5 anni) e dovrebbero essere possibili i primi bilanci, anche se dal 2008 si è innestata la crisi. Su questo tema il CNF sta valutando l’affidamento di una specifica ricerca ad autorevoli economisti. L’impressione che si ha è che il decreto Bersani non abbia liberato prodigiose potenzialità, e che l’abrogazione dei minimi non abbia dato particolare spinta all’economia italiana”. Altrettanto “ardito” è sostenere che l’eccessivo numero di avvocati provochi il mantenimento da parte delle imprese di una dimensione piccola delle imprese: assunto non sorretto da argomenti inequivocabili. In relazione all’analisi sulle diseconomie determinate dal sistema organizzativo della magistratura e dalla geografia giudiziaria il Cnf, pur condividendo la necessità di una riforma del sistema degli avanzamenti in carriera dei magistrati e di un ripensamento della geografia dei tribunali, critica la soluzione confindustriale di legare i compensi dei giudici a sistemi premiali. “Stupisce che questa proposta arrivi proprio dalle imprese. E’ infatti principio consolidato in tema di controlli dell’impresa che il compenso dei controllori sia fisso e deciso all’inizio dell’incarico, al fine di evitare che possa diventare strumento per menomare l’indipendenza dei controllori”.
Le proposte dell’avvocatura. Approvazione veloce della riforma forense per rilanciare la qualificazione degli avvocati; arruolamento dei legali per lo smaltimento dell’arretrato; disciplinare una nuova procedura di negoziazione assistita davanti a un legale come modello di risoluzione alternativa alle controversie, alternativa anche a una mediazione obbligatoria che è incostituzionale; arruolamento di avvocati per lo smaltimento dell’arretrato; istituzione di un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto alle rappresentanza delle imprese per stabilire metodi condivisi di analisi; e poi puntare alla informatizzazione della giustizia, alle best practices e ai protocolli d’intesa nei tribunali e limitare i trasferimenti dei magistrati.
Sono queste le controproposte avanzate dal Cnf sul presupposto che “la classe forense esprime potenzialità e responsabilmente intende porsi al servizio del cittadino e della società”.
1) Professione forense: tutta l’avvocatura appoggia la riforma che, dopo essere stata approvata dal senato è ferma alla camera. E la richiesta è quella che vanga approvata speditamente. La riforma risolverebbe molte questioni: per i giovani accesso per i più meritevoli e quindi garanzie di sbocchi di mercato qualificati, formazione continua, specializzazioni, assicurazione obbligatoria, tariffe chiare e procedimento disciplinare più efficace.
2) Approvare la legge sulla negoziazione partecipata: un sistema di risoluzione della controversia che veda le parti avviare una negoziazione con un avvocato che può autenticare l’accordo e la identità delle parti. Sarebbe una nuovo modo di risolvere una controversia su base volontaristica.
3) Smaltimento dell’arretrato. Il Cnf sta studiando forme di collaborazione dell’avvocatura allo smaltimento dell’arretrato ma non come partecipazione “onoraria” ma come collaborazione “emergenziale” assunta con senso di responsabilità. Gli avvocati, scelti dai Consigli dell’Ordine, potrebbero assumere l’incarico di definire una parte del carico pendente nel rispetto di alcune incompatibilità. Ovviamente, questa strada che potrebbe non esser onerosa per lo stato, richiede che lo stato faccia la sua parte: destinando risorse per l’aumento dell’organico in magistratura, per la copertura di quello amministrativo, per la completa informatizzazione della giustizia. dell’atteggiamento: Il presupposto dell’operazione dovrebbe essere rappresentato da una trasparente verifica dei dati dei carichi e della produttività degli uffici, che consentisse di conoscere la dimensione della sofferenza del sistema e perciò dell’entità del contributo da richiedersi agli avvocati.
4) Istituzione di un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto a tutti gli operatori anche economici. Questa proposte nasce dall’esigenza di individuare metodi di analisi condivisi e di studio dei dati chiaro e obiettivo.
5) Potenziamento dell’informatizzazione, che gli avvocati apprezzano senza riserve, con adeguato stanziamento delle risorse necessarie. Ciò che, invece, non può che essere stigmatizzato è il modo di procedere adottato dal governo, che anche di recente ha imposto ai legali oneri sempre più consistenti (albo elettronico, comunicazione della PEC, registri per fini anti-riciclaggio, modulistica per la privacy, oneri di indicazione di codici fiscali, apertura di diversi conti correnti separati, etc.) procedendo in modo disordinato ed estemporaneo, il più delle volte con norme settoriali all’interno di manovre omnibus.
6) Promuovere le best practices e i protocolli d’intesa. Il rapporto sottolinea come i protocolli di intesa con l’Avvocatura hanno offerta prova di sé stessi anche in occasione delle riforme processuali recenti. L’introduzione del processo sommario di cognizione (artt. 702-bis e ss c.p.c. come introdotti dalla l. n. 69/200) ha impegnato giudici e avvocati nella predisposizione di protocolli volti ad implementare le possibilità del rito attraverso misure organizzative e pratiche concordate volte a rendere effettive gli obiettivi di celerità presi in considerazione dal legislatore. Nei Protocolli dei Tribunali di Verona, di Bologna, di Genova, nello «schema» predisposto dal Tribunale di Modena, dell’Osservatorio romano sulla giustizia civile , vengono affrontate tanto questioni di carattere tecnico-organizzativo quanto di carattere tecnico-interpretativo.
7) Altri interventi. Il Cnf propone di avviare una riflessione sui trasferimenti dei magistrati, che incidono sulla durata dei processi e sui collocamenti fuori ruolo. Non solo. Richiama l’attenzione anche sulle insufficienza di una modalità di legislazione che provoca incertezza e confusione. Decretazione d’urgenza, la tecnica dei maxi-emendamenti, dei decreti mille proroghe, chiama in causa una “ corresponsabilità” del legislatore in ordine ad una più efficiente amministrazione della giustizia. “L’avvocatura, pertanto, reclama una migliore qualità della legislazione, e denuncia il frequente ricorso a norme-annuncio o norme- bandiera, condizionate da esigenze mediatiche e spesso prive di una seria e puntuale analisi di impatto”

lunedì, luglio 25, 2011

Domani il CNF presenterà il suo "controrapporto" sull'Avvocatura.

OUA: CONFINDUSTRIA CONTINUI NELLA SUA OPERA DI FERMEZZA CONTRO LA CORRUZIONE E LA TANGENTOCRAZIA, INVECE D'ATTACCARE LE LIBERE PROFESSIONI.


Comunicato Stampa Oua
Roma,25 luglio 2011

L’Organismo Unitario dell’Avvocatura, visti i nuovi casi di corruzione che hanno visto coinvolti esponenti di partiti di maggioranza e opposizione, esprime la sua forte preoccupazione per la tenuta democratica del Paese.
Soprattutto alla luce della grave crisi economica che attraversa l’Italia. In questo contesto, il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla, si chiede se i continui attacchi politici al mondo delle libere professioni e agli avvocati, con il mantenimento della legge Bersani, lo stop alla riforma forense in Parlamento e la minaccia di un ulteriore deregulation per tutto il settore dei professionisti, non sia un diversivo per distrarre gli italiani dai veri problemi del nostro sistema politico.
«Invece che contrastare ingiustificatamente la riforma dell’ordinamento forense, schierandosi così contro gli avvocati – attacca de Tilla - la Confindustria farebbe meglio ad esortare le imprese a denunciare e sottrarsi con maggiore frequenza alle pretese di pagamento di tangenti da parte di politici e funzionari pubblici».
«L’esercizio dell’impresa e il lavoro quotidiano del professionista – continua - senza burocrazia e senza corruzione, possono esplicarsi con maggiore produttività e nel segno della qualità delle prestazioni. Tutto il sistema così funzionerebbe meglio, recuperando quella competitività più volte auspicata da tutti».
«La corruzione – conclude - costituisce una delle peggiori piaghe del nostro Paese che va combattuta unitariamente da tutte le componenti lavorative italiane: imprenditori, professionisti, lavoratori dipendenti e autonomi. Sotto questo profilo l’Organismo Unitario dell’Avvocatura si dichiara disponibile ad assumere forti iniziative per favorire un’azione comune che possa garantire al Paese integrità morale e trasparenza».

ANF-Sindacato Forense di Salerno: Festa d'estate 2011.

venerdì, luglio 22, 2011

FAMIGLIA, OUA: NO AL CONTRIBUTO UNIFICATO PER I PROCESSI CIVILI PER SEPARAZIONI E DIVORZI.


Roma, 22 luglio 2011- La Commissione Famiglia dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, coordinata dall’avv. Nicoletta Variati, contesta duramente la previsione della legge di manovra economica (6.7.2011 n. 98) che introduce all’art 37 (c 6) , l’obbligo di versamento del contributo unificato di 37 euro per i procedimenti di separazione consensuale (l’art. 711 del codice di procedura civile), per quelli di divorzio congiunto (art 4 comma 16 della legge 1 dicembre 1970 n 898), nonché di 85 euro per i processi di volontaria giurisdizione e per i processi speciali di separazione giudiziale (di cui al libro IV titolo II , capo I ), per i procedimenti in camera di consiglio (capo IV ex art 737 e ss ) e per i processi di contenziosi di divorzio giudiziale (all’articolo 4 della Legge 1 dicembre 1970 n 898).
«Questo nuovo obbligo – spiega il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla - aggrava i costi di accesso alla giustizia per i cittadini già fortemente onerati dalle pesantissime disposizioni della manovra finanziaria 2011. Non solo: è bene ricordare che nei procedimenti di Diritto di Famiglia è inammissibile prevedere un obbligo di carattere preventivo, preliminare all’azione, in quanto siamo nella sfera dei diritti personalissimi e come tali non assoggettabili filtri di natura economica».
«Questa nuova imposizione fiscale – aggiunge poi la coordinatrice della Commissione Famiglia Oua, Nicoletta Variati - assicurerebbe allo Stato un introito del tutto insignificante , mentre certamente penalizzerebbe fortemente i cittadini ed in particolari quelli meno abbienti. L’obbligo del versamento del contributo unificato nei procedimenti familiari rappresenta, quindi, l’ennesima iniqua quanto illegittima imposizione a danno dei cittadini ancora una volta ostacolati nell’accesso alla giustizia»
L’Oua manifesta il proprio forte dissenso e chiede che si modifichi la norma e venga abolita questa previsione al fine di garantire ai cittadini la tutela dei loro diritti personalissimi.

COA Salerno: delibera assunta in data 20 luglio 2011.


CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI SALERNO

ALLEGATO AL REGISTRO DEI VERBALI DELLE DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO.
Tornata del 20 luglio 2011.

7. Media conciliazione, riforma professione, smaltimento contenzioso arretrato, Cassa Previdenza, aumento c.u., etc.- Iniziative e determinazioni.

Il Consiglio prende atto della relazione in merito alla liberalizzazione della professione di avvocato a firma del Consigliere avv. Luigi Maiello che approva e fa propria; informato, inoltre, della deliberazione assunta dalla Unione degli Ordini della Campania nella seduta del giorno 13 luglio 2011, affida allo stesso avv. Maiello di predisporre il comunicato dell’orientamento di questo Consiglio da inviare agli stessi organi destinatari della delibera assunta dalla Unione degli Ordini regionali.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno, sentita la relazione del Consigliere Segretario, avv. Paolino, che condivide, contesta con fermezza le norme che recentemente hanno introdotto rilevanti sanzioni per liti temerarie ed aumenti indiscriminati dei Contributi Unificati, misure che incidono ancor di più non solo sulle insopprimibili prerogative costituzionali garantite ai cittadini per accedere al servizio giustizia nelle varie sedi, ma anche e soprattutto sull’esercizio dell’attività professionale, relegando di fatto l’avvocato alla funzione di esattore delle tasse.
L’art.37 del D.L. 98 del 06.07.2011, convertito in legge 15/7/2011, n. 111, nel mentre preventiva un’attività di programmazione degli obiettivi di riduzione della durata dei processi civili, amministrativi e tributari attraverso un procedimento nel quale devono essere sentiti i Presidenti degli Ordini degli avvocati, dall’altra (co.6, lettera s – che sostituisce l’art. 13, co.6 bis, del DPR 115/202)- introduce l’ulteriore onerosissimo ed ingiustificato balzello che incide gravemente sulle già menzionate prerogative ed in particolare sui diritti dei cittadini di accedere al servizio giustizia.
Una norma tesa alla “stabilizzazione finanziaria” non può né deve comprimere diritti garantiti da sempre al cittadino, già progressivamente limitati, specie nel processo amministrativo, nel quale l’utente è abilitato ad esercitare l’unico controllo attualmente possibile, cioè il controllo di legittimità sugli atti emessi dalla pubblica amministrazione specie in tema di appalti ed espropri.
Nessun criterio di proporzionalità ancora una volta è stato rispettato dal legislatore.
La conseguenza dei disposti aumenti sarà la progressiva diminuizione del contenzioso che, soprattutto nella materia degli appalti, genererà certamente scenari poco rassicuranti.
Il Consiglio contesta, pertanto, il contenuto della legge 106 del 12.07.2011 che ha introdotto nel D. Lgs 163/2006 l’art.”246 bis (responsabilità per lite temeraria)”, soprattutto in riferimento ai giudizi in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, laddove è prevista addirittura una condanna di ufficio che va da € 8000,00 ad € 20.000,0 in ipotesi di ricorsi al T.A.R. “quando la decisione è fondata su ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati” (cfr. art.4, co.2, lett. ii).
La norma, tesa apparentemente a limitare le liti temerarie, viceversa incide ulteriormente, anche sotto il profilo psicologico, sulla possibilità per i cittadini di accedere al processo amministrativo per le questioni riguardanti gli appalti, nonchè sull’esercizio dell’attività professionale.
Il Consiglio lancia un grido di allarme contro le menzionate norme, evidenziando la necessità che vengono rispettati i principi di proporzionalità e ragionevolezza in sede di quantificazione dei contributi unificati e di introduzione di norme deflattive del contenzioso, invitando i colleghi a mobilitarsi.
Il Consiglio sollecita il CNF e l’OUA a promuovere, a stretto giro, ferme azioni di protesta tese a contestare in maniera risoluta il contenuto delle due norme. Sono indispensabili azioni di protesta in tutte le sedi per tutelare con efficacia l’esercizio della professione e garantire l’effettività della tutela giurisdizionale da parte dei cittadini.
Dispone che della presente delibera sia data lettura alla riunione nazionale programmata per il 26/7/2011.

L’OUA INDICE LA CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA PER IL 25-26 NOVEMBRE 2011.


SI DIBATTERÀ DI RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DI ORDINAMENTO FORENSE E DI LIBERE PROFESSIONI.

L’Organismo Unitario dell’Avvocatura-Oua ha indetto la Conferenza Nazionale dell’Avvocatura che si terrà a Roma nei giorni 25-26 novembre 2011. Nell’ assise gli avvocati si confronteranno con la politica su temi della Giustizia e della professione forense.

Per Maurizio de Tilla, presidente Oua «è di grande attualità l’istanza generale di rigenerazione della politica, un passaggio utile per il bene comune e per la tutela dei diritti dei cittadini».
«Tutti i politici – spiega de Tilla - dichiarano di voler essere presenti nel “partito degli onesti”. Noi li chiamiamo a dimostrarlo con i fatti. Il mondo delle libere professioni trarrà grande vantaggio da interlocutori politici trasparenti che finiranno per apprezzare il lavoro intellettuale degli oltre due milioni di professionisti italiani».

«Un settore produttivo importante per il Paese – continua il presidente dell’Oua - ma che non è equiparabile a quello delle imprese. Partendo da questa convinzione vogliamo ancora una volta sottolineare la nostra assoluta contrarietà alle liberalizzazioni selvagge. L’avvocatura chiede alle altre professioni inequivoche prese di posizione in tal senso.
Dal suo canto Confindustria deve prendere atto delle richieste dell’Avvocatura che già soffre per il numero elevato degli iscritti (230.000) e rivendica giustamente la sua funzione costituzionale di difesa dei diritti dei cittadini, ripetutamente riconosciuta dall’Europa. L’appuntamento per aprire un grande confronto è a Roma il 25 e 26 novembre 2011. Chiamiamo tutti a un dialogo aperto e senza pregiudizi».

giovedì, luglio 21, 2011

OUA: PREOCCUPAZIONE PER FUTURA GUIDA MINISTERO GIUSTIZIA.


(AGENPARL) - Roma, 21 lug - L’Organismo Unitario dell’Avvocatura-Oua, sottolinea con preoccupazione il perdurare di una fase di incertezza per quanto riguarda la futura guida del Ministero della Giustizia, dopo la nomina dell’attuale Guardasigilli, Angelino Alfano come Segretario del Pdl.
"Tanti i problemi sul tavolo - spiega il presidente dell'Oua, Maurizio de Tilla - cominciando dalle norme contenute nella manovra economica, recentemente approvata, che acuiscono il già precario funzionamento della macchina giudiziaria, tra queste l’aumento del contributo unificato per i cittadini e lo stravolgimento della giustizia tributaria. Ma soprattutto per i mancati interventi di riforma e riordino del settore anche sulla base delle molte proposte fatti da mesi dall’Oua. Tanti gli spunti avanzati, tra questi un Decalogo e un Patto per la Giustizia sottoscritto insieme all’Anm. L’Oua ha indicato a suo tempo le direttrici di una riorganizzazione efficace della giustizia, ne citiamo alcune: maggiori risorse, introduzione della figura del manager dei grandi uffici, applicazione del 'Metodo Barbuto', incremento della produttività dei giudici, recupero dei magistrati sottratti al proprio ruolo, introduzione di una nuova figura di giudice laico, informatizzazione degli uffici giudiziari e processo telematico".
"Per fare tutto ciò – conclude de Tilla - non è possibile avere un ministro a mezzo servizio costretto a dividersi con altri importanti impegni. Opportuno, quindi, avviare il ricambio con personalità di alto livello. Non è nostra competenza, ma tra i molti nomi che circolano, vogliamo ricordare alcuni di grande spessore come quelli del Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, del Vice Presidente del Csm, Michele Vietti nonché del già Ministro degli Affari Regionali, Enrico La Loggia".

lunedì, luglio 18, 2011

UNIONE CAMERE CIVILI: LETTERA APERTA AI CITTADINI, ALLA POLITICA ED AI MASS MEDIA.


Le reazioni della quasi totalità della stampa e dei mass media a quanto ieri accaduto in Parlamento, a proposito della manovra finanziaria, si possono riassumere nel titolo odierno del Sole 24 Ore: “Gli Ordini frenano la liberalizzazione” (pag. 5).
Viene poi in proposito riportata, con ampia evidenza, la dichiarazione della Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: “Dal Parlamento ci giungono ancora, dopo che appena l’altro ieri il paese è stato sull’orlo del baratro, notizie che parlano di deputati che difendono privilegi ed impediscono le liberalizzazioni”.
Ma cos’è veramente successo, al di là di tali alte e forti “cortine fumogene”?
E’ successo che, all’ultimo momento, si è cercato di introdurre nella “manovra finanziaria” un emendamento, costituito dall’art. 39 bis, titolato “liberalizzazione delle attività professionali e di impresa”, che, in sostanza, conduceva alla soppressione degli ordini professionali ed alla totale equiparazione delle libere professioni alle imprese, affermando il principio che “l’accesso alle
professioni e il loro esercizio si basano sul principio di libertà di impresa” (comma 1).
Ora non si può in proposito non rilevare che, al di là del metodo adottato (si approfitta della necessità di approvare, con assoluta urgenza, un importante provvedimento in materia economico – finanziaria, per introdurvi, di soppiatto ed all’ultimo momento, norme che nulla hanno a che vedere con tale provvedimento e di notevole complessità, senza alcun preventivo confronto con le categorie interessate), nel merito le norme in questione non potevano e non possono essere in alcun modo accettate, quantomeno per i seguenti motivi:
1) Qualsiasi legge ordinaria che intendesse sopprimere l’esame di abilitazione all’esercizio di una libera professione sarebbe palesemente incostituzionale, perché in contrasto con l’art. 33, comma V, della Costituzione, che prescrive la necessità di “un esame di Stato . . . per l’abilitazione all’esercizio professionale”.
E si rifletta in proposito che tale norma è ricompresa nella parte prima della Costituzione (quella che disciplina i diritti e i doveri dei cittadini e che, secondo i costituzionalisti o non dovrebbe essere assolutamente mutata, neppure con l’apposito procedimento di revisione costituzionale, ovvero potrebbe essere rivista solo dopo attentissime riflessioni, riguardando i principi essenziali della nostra Carta).
Si noti ancora (ed anche questo è estremamente significativo) che l’art. 33 è ricompreso nel titolo secondo della Costituzione, quello che disciplina i “Rapporti etico – sociali” ed in particolare l’art. 33, al 1 comma, enuncia il principio che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, perché le libere professioni intellettuali, nulla hanno a che vedere con i rapporti economici, che, infatti, sono separatamente disciplinati dalla Costituzione, nel successivo titolo III.
2) Ma, anche ove si potesse prescindere da tale insormontabile ostacolo, è doveroso porsi la famosa domanda “cui prodest?”, e cioè a chi gioverebbe la soppressione degli Ordini professionali e la c.d. “liberalizzazione”?
Non certamente al comune cittadino (il c.d. “consumatore”). L’interesse del cittadino è infatti quello di avere dei liberi professionisti tecnicamente preparati ed il più possibile ineccepibili sul paino deontologico.
Le libere professioni assicurano infatti al cittadino la tutela di alcuni dei diritti fondamentali, come il diritto alla salute (professione medica) e il diritto alla difesa (professione d’avvocato).
La parificazione libero professionista/ imprenditore commerciale sarebbe quindi, una iattura proprio per il cittadino, perché l’imprenditore ha (del tutto legittimamente) come primario obiettivo quello del proprio profitto e del guadagno. Il libero professionista, invece, deve avere come obiettivo primario quello della tutela dei diritti dei propri assistiti (siano essi la difesa della persona o la salute) e, solo in via sussidiaria, l’interesse al proprio compenso.
Ciò è tanto vero che, ove un libero professionista dovesse privilegiare il proprio tornaconto personale, rispetto agli interessi dei propri clienti, è passibile di essere punito disciplinarmente, con sanzioni che possono giungere fino alla radiazione dall’albo (e cioè a non poter più esercitare la libera professione). Questa è una delle differenze sostanziali tra libero professionista ed imprenditore, perché quest’ultimo non è soggetto ad alcuna cogente norma deontologica e legittimamente può pertanto perseguire solo ed esclusivamente il proprio profitto (naturalmente purchè non violi le leggi comuni).
3) Per contro, vista la stagnazione dell’economia, è da tempo che Confindustria e gli altri i c.d. “poteri forti” (banche, assicurazioni, etc.) mirano ad impadronirsi di quelli che loro chiamano i “servizi professionali”, costituendo società di capitali, assolutamente irresponsabili dal punto di vista deontologico, che da un lato mirino al perseguimento di rilevanti utili e, dall’altro, assicurino, attraverso le prestazioni di propri dipendenti (non più quindi liberi professionisti) prestazioni a loro favore a basso costo.
Particolarmente i giovani professionisti, in una situazione di debolezza economica come l’attuale, sarebbero costretti ad accettare condizioni iugulatorie, pur di sopravvivere.
4) Si tenga ancora presente che i liberi professionisti sono l’unica categoria che, fino ad oggi non ha mai comportato costi per la collettività.
A differenza, infatti, degli imprenditori che, secondo una ben nota teoria hanno da sempre cercato e spesso ottenuto (soprattutto la grande impresa) di privatizzare gli utili e pubblicizzare le perdite, sfruttando pubblici incentivi e finanziamenti (pagati da tutti noi) per aumentare la produzione, e quindi le vendite e i loro profitti e, nei momenti di difficoltà, utilizzando anche la cassa integrazione, che fa si che non debbano sopportare i costi dei loro dipendenti, mantenendo però inalterate le strutture per il successivo periodo della ripresa, ed altresì a differenza delle provvidenze a favore dei lavoratori dipendenti che, oltre alla citata Cassa Integrazione, godono di tutti gli altri c.d. “ammortizzatori sociali” e delle pensioni di invalidità ed inabilità a carico della collettività, i liberi professionisti hanno delle Casse di previdenza ed assistenza autonome, da loro esclusivamente finanziate, che non gravano per un solo euro a carico dello Stato.
Per questi e per molti altri non meno rilevanti motivi, ci si è opposti con assoluta fermezza all’emendamento che qualche politico non solo privo di scrupoli, ma anche di intelligenza, ha cercato di introdurre surrettiziamente ed impropriamente nella manovra finanziaria e ci si oppone a qualsiasi ipotesi di soppressioni degli ordini professionali.
Parma, 14 luglio 2011


Il Presidente dell’UNCC
(Avv. Renzo Menoni)

domenica, luglio 17, 2011

Giustizia, Cnf: una riforma in otto mosse.


1) Professione forense: tutta l’avvocatura appoggia la riforma che, dopo essere stata approvata dal senato è ferma alla camera. E la richiesta è quella che vanga approvata speditamente. La riforma risolverebbe molte questioni: per i giovani accesso per i più meritevoli e quindi garanzie di sbocchi di mercato qualificati, formazione continua, specializzazioni, assicurazione obbligatoria, tariffe chiare e procedimento disciplinare più efficace. Istituire un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto a Confindustria ed ad altri soggetti.
2) Approvare la legge sulla negoziazione partecipata: un sistema di risoluzione della controversia che veda le parti avviare una negoziazione con un avvocato che può autenticare l’accordo e la identità delle parti. Sarebbe una nuovo modo di risolvere una controversia su base volontaristica.
3) Smaltimento dell’arretrato. Il Cnf sta studiando forme di collaborazione dell’avvocatura allo smaltimento dell’arretrato ma non come partecipazione “onoraria” ma come collaborazione “emergenziale” assunta con senso di responsabilità. Gli avvocati, scelti dai Consigli dell’Ordine, potrebbero assumere l’incarico di definire una parte del carico pendente nel rispetto di alcune incompatibilità. Ovviamente, questa strada che potrebbe non esser onerosa per lo stato, richiede che lo stato faccia la sua parte: destinando risorse per l’aumento dell’organico in magistratura, per la copertura di quello amministrativo, per la completa informatizzazione della giustizia. dell’atteggiamento: Il presupposto dell’operazione dovrebbe essere rappresentato da una trasparente verifica dei dati dei carichi e della produttività degli uffici, che consentisse di conoscere la dimensione della sofferenza del sistema e perciò dell’entità del contributo da richiedersi agli avvocati.
4) Istituzione di un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto a tutti gli operatori anche economici. Questa proposte nasce dall’esigenza di individuare metodi di analisi condivisi e di studio dei dati chiaro e obiettivo.
5) Potenziamento dell’informatizzazione, che gli avvocati apprezzano senza riserve, con adeguato stanziamento delle risorse necessarie. Ciò che, invece, non può che essere stigmatizzato è il modo di procedere adottato dal governo, che anche di recente ha imposto ai legali oneri sempre più consistenti (albo elettronico, comunicazione della PEC, registri per fini anti-riciclaggio, modulistica per la privacy, oneri di indicazione di codici fiscali, apertura di diversi conti correnti separati, etc.) procedendo in modo disordinato ed estemporaneo, il più delle volte con norme settoriali all’interno di manovre omnibus.
6) Promuovere le best practices e i protocolli d’intesa. Il rapporto sottolinea come i protocolli di intesa con l’Avvocatura hanno offerta prova di sé stessi anche in occasione delle riforme processuali recenti. L’introduzione del processo sommario di cognizione (artt. 702-bis e ss c.p.c. come introdotti dalla l. n. 69/200) ha impegnato giudici e avvocati nella predisposizione di protocolli volti ad implementare le possibilità del rito attraverso misure organizzative e pratiche concordate volte a rendere effettive gli obiettivi di celerità presi in considerazione dal legislatore. Nei Protocolli dei Tribunali di Verona, di Bologna, di Genova, nello «schema» predisposto dal Tribunale di Modena, dell’Osservatorio romano sulla giustizia civile , vengono affrontate tanto questioni di carattere tecnico-organizzativo quanto di carattere tecnico-interpretativo.
7) Altri interventi. Il Cnf propone di avviare una riflessione sui trasferimenti dei magistrati, che incidono sulla durata dei processi e sui collocamenti fuori ruolo. Non solo. Richiama l’attenzione anche sulle insufficienza di una modalità di legislazione che provoca incertezza e confusione. Decretazione d’urgenza, la tecnica dei maxi-emendamenti, dei decreti mille proroghe, chiama in causa una “ corresponsabilità” del legislatore in ordine ad una più efficiente amministrazione della giustizia. “L’avvocatura, pertanto, reclama una migliore qualità della legislazione, e denuncia il frequente ricorso a norme-annuncio o norme- bandiera, condizionate da esigenze mediatiche e spesso prive di una seria e puntuale analisi di impatto”

Solidarietà degli Avvocati del Triveneto al CNF ed all'OUA.


Verona 14/07/2011

Al Presidente del CNF
Prof. Avv. Guido Alpa
Via del Governo Vecchio 3
ROMA

Al Presidente dell’OUA
Avv. Maurizio De Tilla
Via Belli, 27
ROMA


Cari Presidenti,
L’Ufficio di Presidenza dell’Unione Triveneta esprime sdegno e preoccupazione per le iniziative di supposte liberalizzazioni nelle professioni emerse nelle scorse ore.
L’Unione Triveneta esprime forte contrarietà a norme che provocherebbero la demolizione del sistema ordinistico e del controllo deontologico, in spregio assoluto della Costituzione ed a scapito dei cittadini e dei professionisti più giovani che sarebbero mandati allo sbaraglio in un mercato saturo e senza sbocchi effettivi.
Circa la genesi di questa manovra l’Ufficio di Presidenza rileva che essa è frutto di un accordo tra opposizione e maggioranza come risulta dall’agenzia di stampa del 12 lug. (TMNews) che fedelmente si riporta: “- Entra nella manovra la liberalizzazione delle professioni. Il governo, secondo quanto si apprende, dovrebbe andare incontro a una richiesta del PD e introdurre nel decreto con la manovra un termine entro il quale liberalizzare alcuni ordini professionali. La novità dovrebbe essere contenuta nel pacchetto di modifiche che saranno approvate domani dalla commissione Bilancio del Senato (Pubblicato il 12 luglio 2011| Ora 22:13 da Wall Street Italia).”
Condividiamo e facciamo nostra la ferma presa di posizione che l'Avvocatura istituzionale e politica ha voluto dare e ci identifichiamo pienamente nelle parole con cui il Presidente del CNF Alpa ha criticato la minacciata liberalizzazione: “la natura delle professioni intellettuali non può essere confusa con l’esercizio dell’attività d’impresa e la figura del professionista non può essere accostata a quella dell’imprenditore. Gli interessi dei cittadini sono garantiti solo da un’Avvocatura autonoma, indipendente, competente e qualificata, e per tale motivo intendono salvaguardare i risultati ottenuti nel corso dell’iter parlamentare della riforma forense attualmente all’esame della Camera.
Ci associamo inoltre alla frase con cui il Presidente dell’Oua ha commentato la situazione “la politica ha preso in giro i professionisti, ma i professionisti sapranno rispondere con determinazione”.
Invitiamo tutta l’Avvocatura italiana, il CNF, l’OUA e le Associazioni forensi a sostenere la riforma forense e a opporsi a ogni ulteriore tentativo di snaturare ed svilire la nostra professione.
Ringraziamo i 44 Colleghi Parlamentari del PdL che con senso di responsabilità hanno voluto opporsi all'emendamento che liberalizzava le professioni e sopprimeva gli Ordini.
Poniamo l’accento, con incredulità, sull’affermazione fatta dalla Senatrice Anna Finocchiaro del PD (prima firmataria di un emendamento che, di fatto, privava l’Avvocatura della giurisdizione domestica) che si è dichiarata 'delusa' dopo le aperture fatte da Tremonti martedì sulle liberalizzazioni.
Comunque finisca questa storia, l’Avvocatura del Triveneto non dimenticherà quanto accaduto in queste ore e saprà valutare chi si è schierato contro la “libera” professione forense solo per assecondare i desideri di ABI e Confindustria.
Vi esprimiamo pertanto il massimo sostegno dell’Unione per ogni iniziativa che vorrete assumere e Vi invitiamo a sostenere fermamente e con forza l’iter per una rapida approvazione della riforma professionale alla Camera.
Cari saluti.
(il Presidente)
Avv. Antonio F. Rosa

giovedì, luglio 14, 2011

...ORMAI SI SPARA NEL MUCCHIO!

22 senatori del PDL contro abolizione Ordini.

Cnf: evitiamo liberalizzazioni selvagge. Così si demoliscono le professioni.


Roma. “Siamo sdegnati e preoccupati per le iniziative di cui abbiamo appreso in queste ore, di supposte liberalizzazioni che si vorrebbero introdurre artatamente nella manovra. E’ scorretto il metodo e tanto più il merito: tali norme minerebbero la difesa tecnica e provocherebbero la demolizione del sistema ordinistico e del controllo deontologico, a scapito dei cittadini e dei professionisti più giovani che sarebbero mandati allo sbaraglio in un mercato saturo e senza sbocchi effettivi”.
Il Cnf, oggi, in una conferenza stampa nel corso della sedute straordinaria indetta per fare fronte alla iniziative governative in parlamento, ha criticato aspramente le ipotesi circolate in queste ore e concretizzatesi in emendamenti alla manovra depositati in commissione bilancio del senato e ha ricordato al ministro della giustizia Alfano la promessa fatta di portare in porto la riforma della professione forense, che invece langue alla Camera. “Il ministro Alfano aveva promesso sostegno alla riforma della professione forense. Così come la presidente Bongiorno aveva garantito un esame veloce alla camera”, ricorda Alpa per il quale i testi che sono stati diffusi, che equiparano la libertà professionale a quella d’impresa, sarebbero contrari alla Costituzione e alla Carta europea dei diritti fondamentali.
“Il testo della manovra ha tutt’altre finalità, serve alla stabilità economica. Con l’inserimento di queste norme, che andrebbero discusse in Parlamento in maniere ponderata, si concretizza un abuso della decretazione d’urgenza”, ribatte Alpa che fa un appello agli avvocati parlamentari: “oltre che avvocati comunque in qualità di giuristi non dovrebbero né potrebbero mai votare un provvedimento che è incostituzionale e contrario alle norme europee. Il Cnf apprezza ed apprezzerà tutti quei parlamentari di qualsivoglia schieramento che abbiano deciso o che decideranno di far prevalere l’interesse alla tutela del diritto fondamentale alla difesa.
“Un testo del genere non dovrebbe passare al vaglio del parlamento in quanto incostituzionale”.
Né è l’Europa a chiederlo. “La Corte di giustizia delle Comunità europee ha sempre ritenuto legittime le tariffe. La Commissione mai si è spinta a chiedere di rimuovere le modalità di accesso alle professioni. Ha chiesto la soppressione di alcune norme alla Grecia, che è un paese in default: sarebbe preoccupante se il ministro Tremonti pensasse che la situazione italiana è simile a quella greca”, ha detto Alpa. Intanto, il Cnf ha già raccolto ottantanove firme di professori universitari in calce alla protesta del Consiglio nazionale forense contro l’abolizione dell’esame di abilitazione forense, pure essere ventilata in questi giorni.
“Se confermata, sarebbe una manovra vergognosa che umilia la professione forense ma sopratutto colpisce gravemente i cittadini. Fa strame della Costituzione non solo per contrarietà all’articolo 33 ma anche per all’articolo 24, che garantisce l’accesso alla giustizia e il diritto di difesa”, sottolinea il presidente del Cnf Guido Alpa.
Il Consiglio nazionale forense rigetta tali proposte e chiede che si proceda invece seriamente e urgentemente ad approvare la riforma forense che oggi langue alla Camera dopo aver avuto l’approvazione del Senato, che risponde alla qualificazione degli avvocati, alla tutela dei diritti dei cittadini, al controllo deontologico.
Il Cnf contesta duramente una sorta di delega in bianco al governo che “conferisce un potere del tutto arbitrario di regolare le professioni con regolamento”.
“Come potrebbe l’avvocato che esercita il commercio assicurare l’indipendenza e l’autonomia, l’assenza di conflitti di interessi, la valutazione attenta ma distaccata della posizione del cliente ?”, sottolinea Alpa. Come già evidenziato in un documento congiunto firmato da tutte le componenti dell’avvocatura lo scorso 2 luglio: “la natura delle professioni intellettuali non può essere confusa con l’esercizio dell’attività d’impresa e la figura del professionista non può essere accostata a quella dell’imprenditore. Gli interessi dei cittadini sono garantiti solo da una Avvocatura autonoma, indipendente, competente e qualificata, e per tale motivo intendono salvaguardare i risultati ottenuti nel corso dell’iter parlamentare della riforma forense attualmente all’esame della Camera”.

mercoledì, luglio 13, 2011

Stretta per i "mediaconciliatori".

L’OUA DICE NO ALLA PROPOSTA DEL MINISTERO DI OBBLIGATORIETÀ A TEMPO PER LA MEDIACONCILIAZIONE.


L’Organismo Unitario dell’Avvocatura replica alle insistenti voci sulla prossima approvazione da parte Ministero della Giustizia di un decreto correttivo, che prevederebbe per la mediaconciliazione l’obbligatorietà solo per tre o cinque anni.
Per Maurizio de Tilla, Presidente Oua “è un artificio, l’ennesimo, del Ministero della Giustizia per cercare di dividere gli avvocati, che invece sono compatti nel chiedere l’eliminazione dell’obbligatorietà della mediaconciliazione che non può durare un giorno in più. Nessun decreto correttivo che prevede un’obbligatorietà per tre o cinque anni, e neppure per un solo mese, avrà il favore dell’avvocatura”.
L’Oua, quindi, ribadisce che i togati sono già stati compatti nel rifiutare la precedente ipotesi di “accordicchio” ministeriale che inseriva l’obbligatorietà della presenza dell’avvocato nei procedimenti di mediazione: “Lo scopo del Ministero – spiega il Presidente Oua - è quello di rappresentare gli avvocati come una corporazione la cui unica finalità è quella di tutelare interessi particolari. Ma abbiamo respinto al mittente la proposta del Ministero della Giustizia. Gli avvocati stanno facendo una battaglia a tutela della Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, per una giustizia pubblica e di qualità. La richiesta è da sempre quella dell’eliminazione di costi e di ingiuste barriere di accesso al servizio giudiziario, nonché la contrarietà alla privatizzazione di un diritto ora svenduto a società di capitali con mediatori con una formazione inadeguata. Il nostro impegno è per l’eliminazione dell’obbligatorietà”.
Roma, 12 luglio 2011

martedì, luglio 12, 2011

Il 15 luglio a Roma gli “stati generali” dell’Avvocatura contro la “manovra” del governo.


«Il 15 luglio gli avvocati unitariamente si ritroveranno a Roma per discutere delle iniziative da mettere in campo contro la manovra economica varata dal Governo». L'annuncio viene dall'Oua (Organismo unitario dell'avvocatura), che ha convocato per quella data «gli stati generali dell'avvocatura».
«Dagli ordini forensi di tutta Italia arrivano forti sollecitazioni affinché si rafforzi la protesta contro l'aumento del contributo unificato a danno dei cittadini, l'intervento demolitorio sulla giustizia tributaria e contro la mediaconciliazione obbligatoria» dice il presidente Maurizio De Tilla, che spiega che tra le proposte avanzate ci sono «10 giornate di astensione da tutte le udienze da tenersi a settembre e la convocazione di un congresso forense straordinario».

OUA: POLITICA SLEALE CON I PROFESSIONISTI.


(AGENPARL) - Roma, 11 lug - “Non ricordiamo un attacco così forte all’Avvocatura, alle Casse professionali, alle professioni, come quello posto in essere con il decreto legge ‘sulla manovra economica’, benché nella prima stesura fossero previste norme ancor più aggressive e demolitorie – ha dichiarato Maurizio de Tilla, presidente dell’Oua.
Secondo de Tilla “un referente del Ministero dell’Economia ha dichiarato che la Comunità Europea non verrà incontro alle esigenze di deficit del nostro Paese se non faremo ciò che ha fatto la Grecia con le liberalizzazioni delle professioni. La strada proposta prevede – ha spiegato de Tilla – l’equiparazione dei professionisti alle imprese, l’abolizione degli ordini, degli esami di stato, dei divieti di pubblicità e di ingresso di soci di capitale nelle società professionali, oltre all’abrogazione di norme deontologiche di alto profilo (dignità, decoro, trasparenza). Ci sembra di vivere in un contesto allucinante o voluto come tale per scardinare il sistema delle professioni”.
“Le lenzuolate bersaniane – ha aggiunto il presidente dell’Oua - non sono niente rispetto a quanto si prevede nel testo di riforma delle professioni, inserito in un primo momento nella manovra economica e successivamente tolto per affidarlo ad un Alto Comitato (previsto nel decreto legge) che dovrà adottare soluzioni idonee per la liberalizzazione delle professioni. Salta così la riforma dell’ordinamento forense e si capiscono meglio i colpi che il Ministero della Giustizia ha assestato all’Avvocatura con la normativa della mediaconciliazione obbligatoria, rimessa opportunamente dal TAR del Lazio all’esame della Corte Costituzionale. Si capiscono anche i disegni annunciati di rottamazione della giustizia civile (con l’aumento dei costi per i cittadini) e di espulsione di avvocati e commercialisti dalle Commissioni Tributarie.
“Resterebbero così solo le Casse professionali, che valgono ben poco se si distruggono le professioni. E valgono ben poco sin da ora con la norma inserita nella manovra economica che prevede un serrato controllo affidato alla Covip delle gestioni e degli investimenti delle Casse. È qui evidente – ha concluso de Tilla - il disegno chiaramente predatorio dei patrimoni privati accumulati per salvaguardare le pensioni dei professionisti. Ultimo tassello di un’azione concertata che mostra, se non altro, la profonda slealtà della politica nei confronti dei professionisti italiani”.

Gli aumenti del contributo unificato nel processo civile.

giovedì, luglio 07, 2011

La Bernini sarà il nuovo Guardasigilli?

MANOVRA: OUA, NO AL CONTROLLO DELLA COVIP SULLE CASSE PROFESSIONALI.


(AGENPARL) – Roma. Sulle casse dei professionisti l’Oua promette battaglia e chiede lo stralcio della normativa sulla Covip dalla manovra economica.
Una critica articolata in 4 punti, quella del presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Maurizio de Tilla che si chiede “perché, se qualche Cassa ha sbagliato, a pagare devono essere tutte le altre, costrette a sottoporsi al controllo affidato a un soggetto che ha regole e governance non appropriate alla previdenza professionale e caratterizzato, inoltre, dalla presenza in commissione di soggetti riferibili ai sindacati dei lavoratori subordinati?”. De Tilla sottolinea, poi, come “le Casse professionali siano assoggettate a una molteplicità di controlli da parte della Corte dei Conti, dei ministeri, dei sindaci in parte designati dai ministeri. E’ evidente che, qualora si individuasse un’authority diversa, tutti questi controlli dovrebbero cadere”.
Per il presidente dell’Oua “in Italia esistano troppe authority di settore (Covip, Isvap, Banca d’Italia, Antitrust) che hanno competenze specifiche e, spesso, anche sovrapposte.
Prima di affrettare una scelta per le Casse professionali non sarebbe il caso di affrontare finalmente il problema della molteplicità di authorities di controllo?
Inoltre, qualsiasi provvedimento che riguardi le Casse professionali – conclude de Tilla - deve essere stralciato dalla manovra economica perché questa sarà approvata con voto di fiducia, senza un adeguato dibattito su una materia che richiede discussione, riflessioni e scelte appropriate. L’ Oua chiede, dunque, che l’intero argomento Covip venga stralciato dalla manovra economica”.

mercoledì, luglio 06, 2011

Consulta ammette conflitto attribuzioni tra Camera e 'toghe' Milano.


ROMA (ANSA) - La Corte Costituzionale - secondo quanto si è appreso - ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzioni sollevato dalla Camera nei confronti della procura e del gip di Milano che, rispettivamente, hanno indagato e rinviato a giudizio immediato il premier Silvio Berlusconi, con le accuse di concussione e di prostituzione minorile nell'ambito del caso Ruby.
La decisione di oggi è, però, solo un preliminare via libera: il conflitto sarà deciso nel merito tra qualche mese.
Non prima del prossimo inverno, dunque, si saprà se la Consulta accoglierà o meno la richiesta votata a maggioranza dell'aula Montecitorio di annullare tutti gli atti di indagine sul caso Ruby e il decreto di giudizio immediato del premier.
''Nell'odierna camera di consiglio - e' scritto nella nota ufficiale di Palazzo della Consulta - la Corte ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e del Gip presso lo stesso Tribunale, a seguito della richiesta di giudizio immediato da parte della Procura e del decreto di giudizio immediato emesso dal Gip nei confronti del Presidente del Consiglio, membro della Camera dei deputati''.

martedì, luglio 05, 2011

Governo: via norma sul lodo Mondadori.


Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ritira la norma sul lodo Mondadori contenuta nella manovra.
"Nell'ambito della cosiddetta manovra - si legge in una sua dichiarazione diffusa da Palazzo Chigi - è stata approvata una norma per evitare attraverso il rilascio di una fideiussione bancaria il pagamento di enormi somme a seguito di sentenze non ancora definitive, senza alcuna garanzia sulla restituzione in caso di modifica della sentenza nel grado successivo. Si tratta di una norma non solo giusta ma doverosa specie in un momento di crisi dove una sentenza sbagliata può creare gravissimi problemi alle imprese e ai cittadini".
"Le opposizioni - prosegue - hanno promosso una nuova crociata contro questa norma pensando che, tra migliaia di potenziali destinatari, si potrebbe applicare anche a una società del mio gruppo. Si è prospettato infatti che tale norma avrebbe trovato applicazione nella vertenza CIR - FININVEST dando così per scontato che la Corte di Appello di Milano effettivamente condannerà la Fininvest al pagamento di una somma addirittura superiore al valore di borsa delle quote di Mondadori possedute dalla Fininvest".
"Conoscendo la vicenda - dice ancora Berlusconi - ritengo di poter escludere che ciò possa accadere e anzi sono certo che la Corte d'Appello di Milano non potrà che annullare una sentenza di primo grado assolutamente infondata e profondamente ingiusta. Il contrario costituirebbe un'assurda e incredibile negazione di principi giuridici fondamentali. Per sgombrare il campo da ogni polemica ho dato disposizione che questa norma giusta e doverosa sia ritirata. Spero non accada che i lavoratori di qualche impresa, in crisi perché colpita da una sentenza provvisoria esecutiva, si debbano ricordare di questa vergognosa montatura".

Gli aumenti previsti per il contributo unificato.

SPUNTA NORMA SALVA-FININVEST: E' BUFERA SULLA MANOVRA.


Nella manovra economica, da poco messa a punto dal governo, 'spunta' una norma che di fatto consentirebbe a Silvio Berlusconi di non pagare i 750 milioni di euro che deve alla Cir di De Benedetti, secondo quanto prevede la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano sul lodo Mondadori.
Tranchant il giudizio dell'Anm :"Se dovesse essere confermata - dice il presidente Luca Palamara - si tratterebbe di una norma che nulla ha a che vedere con il tema dell'efficienza del processo civile, che determinerebbe un'iniqua disparità di trattamento, e che sarebbe, quindi, incostituzionale".
Pochi giorni prima che la Corte d'Appello di Milano si pronunci sulla vicenda (la sentenza di secondo grado è prevista per il fine settimana), il governo introduce all'ultimo momento una norma che modifica due articoli del codice di procedura civile (il 283 e il 373): il giudice deve sospendere l'esecutività di una sentenza se la condanna supera i 20 milioni di euro (10 se è in primo grado) e se la parte che deve pagare presta "idonea" cauzione.
Il magistrato dovrà prendere tale decisione se la parte interessata ne farà richiesta.