martedì, settembre 13, 2011

Il Tribunale di Palermo rinvia la mediaconciliazione alla Corte Giustizia Europea.


Non c’è pace per la mediaconciliazione introdotta in via obbligatoria, nello scorso mese di marzo, per una serie di controversie e fortemente contestata dagli avvocati.
Dopo la questione di costituzionalità sollevata dal Tar Lazio, promossa fra l’altro dall’Oua, e l’ordinanza di rinvio sempre alla Corte costituzionale da parte del giudice di Pace di Parma; è la volta del tribunale di Palermo, Sezione staccata di Bagheria, che ha rimesso ai giudici di Lussemburgo il giudizio sulla compatibilità della mediazione all’italiana con la direttiva 2008/52/CE.
Al centro dell’ordinanza l’assenza di specifiche competenze giuridiche del mediatore, il problema della competenza territoriale e la possibilità di chiudere senza alcuna proposta da parte del mediatore.
Se è vero che la direttiva riguardava in primis la mediazione per liti transfrontaliere, obbligando solo per quest’ultime gli Stati membri ad adottare una normativa conforme, è anche vero che lo Stato italiano nella legge delega sulla mediazione, la n. 69/2009, ha “richiamato e recepito la direttiva anche per le controversie tra soli cittadini italiani”. Ragion per cui l’ “interpretazione fornita dalla Corte di giustizia si estenderebbe anche alle controversie nazionali”.
Infatti, all’articolo 60 la legge delega prevede che la norma di attuazione “deve essere elaborata nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria”, e che uno dei “criteri direttivi per il Governo era quello di disciplinare la mediazione nel rispetto della normativa comunitaria”.
La Corte di giustizia, infatti, ha "giudicato in maniera costante che, quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto comunitario, esiste un interesse comunitario certo a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto comunitario ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate" (Cgue 11 dicembre 2007, Causa C-280/06).
Così, il Tribunale di Palermo, nel sospendere il processo, ha chiesto alla Corte di giustizia se:
1) gli articoli 3 e 4 della direttiva 2008/52/CE sull’efficacia e competenza del mediatore possano interpretarsi nel senso di richiedere che il mediatore sia dotato anche di competenze in campo giuridico e che la scelta del mediatore da parte del responsabile dell’organismo debba avvenire in considerazione delle specifiche conoscenze ed esperienze professionali in relazione alla materia oggetto di controversia;
2) l’articolo 1 della direttiva 2008/52/CE possa interpretarsi nel senso di richiedere criteri di competenza territoriale degli organismi di mediazione che mirino a facilitare l'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie ed a promuovere la composizione amichevole delle medesime;
3) l’articolo 1 della direttiva 2008/52/CE sull’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario, l’art. 3 lett. a), il considerando 10 ed il considerando 13 della direttiva 2008/52/CE sull’assoluta centralità della volontà delle parti nella gestione del procedimento di mediazione e nella decisione relativa alla sua conclusione possano interpretarsi nel senso che, quando l'accordo amichevole e spontaneo non è raggiunto, il mediatore possa formulare una proposta di conciliazione salvo che le parti non gli chiedano congiuntamente di non farlo (poiché ritengono di dover porre fine al procedimento di mediazione).

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