martedì, ottobre 18, 2011

CNF: la riforma forense è pienamente compatibile con la manovra di agosto.


Un dossier dell’Ufficio studi del CNF evidenzia come la disamina dei singoli punti della manovra d’agosto in tema di professioni non può che confermarne la piena compatibilità con quanto previsto nel ddl AC 3900, all’esame della commissione giustizia della camera.
Per questo il Cnf ritiene strumentale la tesi contraria, che si prefigge lo scopo di ritardarne l’approvazione, o peggio ancora, di affossarla del tutto.
Vediamo nel dettaglio i singoli passaggi, partendo dall’impostazione generale dell’intervento legislativo.
I principi della manovra sono disposizioni di principio: con l’art. 3, comma 5 D.L. cit., il legislatore ha infatti opportunamente respinto lo strumento della delega legislativa, che pure era stato proposto, e che avrebbe recato criteri e principi direttivi obbligatoriamente precettivi e conformativi rispetto alla successiva legislazione delegata, con conseguente incostituzionalità delle norme delegate in caso di scorretta attuazione della delega. È stato dunque scelto uno strumento meno rigido in grado di fornire un quadro a maglie larghe, nel quale ciascuna professione possa ritagliare le modifiche di dettaglio opportune in relazione alle proprie specificità.
Non ha dunque senso postulare una presunta incoerenza tra queste norme di principio e il ddl AC 3900: le prime recano previsioni che per definizione debbono essere declinate nei singoli ordinamenti, e che non possono non rimanere ad un livello molto generale, dovendo andare bene per professioni tra loro diversissime.
Sul piano del rapporto tra le fonti, la fonte successiva chiamata a recepire i principi nei singoli ordinamenti con modifiche puntuali potrà validamente sia interpretare il principio secondo le esigenze della professione, sia, se necessario, derogarvi nel caso singolo, in base al principio di specialità.
Il legislatore successivo, infatti, è sovrano come quello della manovra e la fonte successiva non è tenuta a rispettare puntualmente le indicazioni di questa: se questo il legislatore avesse voluto, avrebbe dovuto dar luogo ad una legge delega, cosa che – come detto – non ha fatto. A conferma di quanto sopra esposto si ricorda che l’art. 3 comma 5 non prevede alcuna abrogazione automatica delle disposizioni eventualmente contrastanti, né prevede – come invece la manovra fa per molti altri settori – una abrogazione automatica decorso un certo periodo di tempo.
Venendo ai singoli punti della manovra d’agosto in tema di professioni, una rapida disamina non può che confermarne la piena compatibilità con quanto previsto nel ddl A 3900:
a) innanzi tutto con riferimento all’opzione di fondo e di sistema, che è quella della distinzione tra impresa e professione: su questo punto è evidente che il ddl AC 3900 si pone in piena continuità, confermando la netta distinzione tra impresa e professione;
b) è salvaguardato l'esame di Stato per l'accesso e l'eventuale anticipo del tirocinio è subordinato alla volontà dei CN (tramite convenzione); così anche nel ddl AC 3900;
c) sono ribaditi i principi di autonomia e indipendenza come caratteri distintivi del professionista; così anche nel ddl AC 3900;
d) è imputato direttamente ai CN il potere regolamentare sulla formazione permanente, quindi la manovra spinge nel senso della devoluzione ai Consigli nazionali del potere regolamentare, perno del ddl AC 3900, pur attenuato nel passaggio parlamentare;
e) le tariffe sono regolate nella manovra in un modo ben più equo di quanto non avesse fatto il decreto legge Bersani: quando è parte un ente pubblico, il giudice non può derogare ai minimi; il ddl AC 3900 si muove su questa scia, sancendo la inderogabilità dei minimi per assicurare la qualità delle prestazioni professionali in funzione della corretta amministrazione della giustizia e a difesa del cliente-consumatore (in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia);
f) è introdotta l'assicurazione obbligatoria, cosa che fa anche il ddl AC 3900;
g) la disciplina della pubblicità è del tutto in linea con il codice deontologico forense e non sono colpiti i poteri degli ordini in materia; analoghe le previsioni del ddl AC3900;
h) a proposito del disciplinare, il principio di cui alla manovra è chiaramente nel senso di imporre al livello locale la distinzione tra funzioni amministrative e funzioni disciplinari; il ddl AC 3900 prevede proprio questa distinzione a livello locale, ma lascia integra la composizione e la funzione disciplinare del CNF per salvaguardarne la natura giuridica di giudice speciale, che consente la sollevazione di questione di legittimità costituzionale.
Attualmente ogni distretto di Corte d’appello elegge un rappresentante al CNF, e la composizione dell’organo riflette la geografia giudiziaria italiana, il che è assolutamente indispensabile, avuto riguardo alle attribuzioni del Consiglio stesso in materia di amministrazione della giustizia. La natura di giudice speciale del CNF rappresenta simbolicamente e funzionalmente il legame inscindibile tra avvocatura e giurisdizione.

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