lunedì, ottobre 15, 2012

Risarcimento del danno. Colpa medica, al paziente è sufficiente provare il danno.

Cassazione civile sezione III sentenza 9 ottobre 2012 n 17143 

In tema di responsabilità medica, facendo proprio l’indirizzo espresso dalle Sezioni unite riguardo gli inadempimenti contrattuali, la Cassazione ha chiarito che sul paziente incombe soltanto l’onere di dimostrare il mancato raggiungimento del risultato, mentre il medico per giustificarsi dalla presunta colpa dovrà provare la corretta esecuzione della prestazione.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 17143/2012, accogliendo il ricorso dei genitori di un bambino che aveva perso completamente il visus all’occhio destro e contratto una forte miopia al sinistro a causa di una fibroplasia retro lenticolare.
Il bambino, nato prematuro, era rimasto per 45 giorni in incubatrice dove non aveva goduto dell’assistenza e dell’ossigeno necessari. Da qui il ricorso contro il medico e la struttura sanitaria.
Nei primi due gradi di giudizio, però, i genitori avevano incassato due bocciature. Il tribunale di Ariano Irpino e la Corte di Appello di Napoli, infatti, avevano respinto il ricorso perché i genitori non avrebbero dimostrato con certezza assoluta l’esistenza del nesso causale tra l’attività del sanitario e la patologia insorta.
Di tutt’altro avviso, come abbiamo visto, la Cassazione secondo cui “il danneggiato è tenuto a provare il contratto e ad allegare la difformità della prestazione ricevuta rispetto al modello normalmente realizzato da una condotta improntata alla dovuta diligenza”.
“Mentre al debitore, presunta la colpa, incombe l’onere di provare che l’inesattezza della prestazione dipende da causa a lui non imputabile, e cioè la prova del fatto impeditivo”. L’inadempimento del medico, tuttavia, “non può essere desunto ipso facto dal mancato risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutata alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale”.
In tema di onere della prova poi Piazza Cavour precisa che “è da superarsi, sotto il profilo della ripartizione degli oneri probatori, ogni distinzione tra interventi ‘facili’ e ‘difficili’, in quanto l’allocazione del rischio non può essere rimessa alla maggiore o minore difficoltà della prestazione”.
In caso di insuccesso, dunque, “incombe al medico dare la prova della particolare difficoltà della prestazione”. Ragion per cui la difficoltà tecnica verrà presa in considerazione “solamente ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa riferibile al sanitario”.
In ultimo, riguardo al nesso causale, i giudici ricordano che “in materia civile vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del ‘più probabile che non’, mentre nel processo penale vige la regola della prova ‘oltre ogni ragionevole dubbio’”. Dunque anche in questo senso le pretese dei giudici di merito erano errate.

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