venerdì, marzo 22, 2013

Interessi nazionali e nichilismo politico.

 
La vicenda dei due marò italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ormai è il segno di questa Italia che è emersa dai risultati elettorali delle scorse elezioni.
Non si poteva pretendere che un Parlamento (e faccio ormai fatica ad usare la “maiuscola”) composto da maggioranze provenienti dalle esperienze dei cc.dd. centri sociali, dalla “non politica” (intesa come inconsapevolezza del ruolo istituzionale da svolgere), dall’area della contestazione più accesa e finanche dal terzomondismo antioccidentale, confermasse o offrisse sostegno alla decisione assunta dal Ministro degli Esteri italiano di non far ritornare in India i nostri soldati.
Probabilmente, a fondamento di quella scelta vi erano informazioni riservate sull’esito di un probabile verdetto di condanna a morte (che senso, infatti, può avere oggi l’assicurazione del Governo indiano che il tribunale speciale che giudicherà i nostri marò “non applicherà la pena di morte” ?), ragion per cui, forse, il braccio di ferro tra il Governo indiano e quello italiano ha avuto, per lo meno, l’esito positivo di escludere una condanna capitale.
Nessuno, però, ha adeguatamente posto l’accento sulla “sproporzione” delle reazioni avute dalla controparte indiana: il sequestro del nostro ambasciatore resta un atto illegittimo – per altro mai accaduto se non nell’Iran komeinista – che viola tutte le regole e le convenzioni internazionali.
Il silenzio della politica è stato sul tema assordante: che fiducia possiamo riporre in Bersani, che, pur autoproclamandosi leader europeista con radici nel mondo occidentale, per accattivarsi le simpatie della galassia variopinta dei parlamentari di Sel o del Movimento 5 stelle, non ha detto una parola !!
In effetti, mentre l’India avrebbe dovuto assicurare con le proprie forze di polizia e della marina la navigazione nelle sue stesse acque territoriali (e ciò non ha fatto, consentendo il proliferare della pirateria ), il Governo italiano si è visto costretto a far scortare le navi mercantili italiane da forze militari speciali.
Nel corso della navigazione in acque territoriali internazionali, i nostri militari hanno intimato l’alt ad un’imbarcazione che pericolosamente si avvicinava alla nave scortata, in assenza di riscontro hanno utilizzato il deterrente armato.
Si tratta di un comportamento che risponde alle cc.dd. regole di ingaggio, e risulta conforme alla normativa internazionale per il contrasto della pirateria.
Al più il comportamento dei militari dovrebbe essere considerato come “comportamento colposo”, con tutte le conseguenze che tale situazione soggettiva riveste nel diritto penale moderno (ma quello indiano può essere considerato tale ?).
Inoltre, il fatto è avvenuto in acque internazionali e su nave battente bandiera italiana, ed in ogni caso iscritta nel Registro navale italiana, sì che la competenza a giudicare i fatti rientra, come da disciplina di diritto internazionale della navigazione, nella giurisdizione italiana. Come si vede, resta giuridicamente fondata la richiesta di istituire un tribunale internazionale (dunque,non solo indiano) speciale.
A fronte di questa legittima pretesa, il Governo indiano ha dato ascolto alle spinte nazionalistiche, ad una parte del’opinione pubblica che addirittura chiede la condanna a morte dei nostri soldati, in ciò ben consapevolezza della debolezza del Governo italiano, dell’assoluta inesistenza di una classe politica e parlamentare capace di difendere la dignità e gli interessi dell’Italia.
Quello che accadrà ai nostri soldati si spiega in questo contesto, e, purtroppo, nulla di buono immagino possiamo aspettarci !!
Prof. Avv. Giuseppe Fauceglia 
Ordinario di Diritto Commerciale 
Università di Salerno

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