lunedì, giugno 10, 2013

Compenso professionale: la causa relativa rientra nel foro del consumatore.

 
Tribunale di Verona-Ordinanza 26 aprile 2013 
N. 10558/2012 R.G.
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VERONA 
Il Giudice Dott. Massimo Vaccari Ha emesso la seguente
ORDINANZA 
nel procedimento ai sensi degli artt. 702 bis e ss. c.p.c. promosso da: X. & Partners già studio X. & Associati associazione professionale (c.f. e p.i.v.a. OMISSIS) rappresentato e difeso dallo avv.to O. Pettene del foro di Verona RICORRENTE CONTRO Y. (c.f. OMISSIS) rappresentata e difesa dagli avv.ti L. Fadalti e E. del Monaco del foro di Treviso e S.M. Mazzeo del foro di Verona RESISTENTE
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 18 aprile 2013;
RILEVATO CHE 
La ricorrente ha convenuto in giudizio avanti a questo Tribunale Y. per sentirla condannare al pagamento in proprio favore della somma di euro 37.752,00 a titolo di compenso per un’attività di consulenza legale e tributaria che era stata meglio descritta in apposita lettera di incarico che era stata sottoscritta dalla resistente il 30 settembre 2010 e che la ricorrente ha assunto di aver regolarmente svolto.
Nel ricorso è stato precisato che la competenza del Tribunale di Verona a giudicare della controversia derivava dalla clausola d, ultimo periodo, del contratto, che era stata specificamente approvata per iscritto dalla resistente e che attribuiva la competenza per qualsiasi controversia relativa alla interpretazione, adempimento, violazione, risoluzione e/o alla esecuzione del incarico in via esclusiva al foro di Verona.
La convenuta è costituita alla prima di udienza e ha eccepito in via preliminare i l’incompetenza per territorio del Tribunale di Verona sulla base dell’assunto che, spettandole, nell’ambito del predetto rapporto, la qualifica di consumatore doveva applicarsi la disciplina di cui al decreto legislativo n. 206/2005, ed in particolare gli art. 33, lett u), 34 comma 4, con l’ulteriore conseguenza che la clausola derogativa del foro del consumatore contenuta nel contratto concluso tra le parti doveva presumersi vessatoria ed era onere del professionista dimostrare che era stata preceduta da idonea trattativa individuale.
La Y. ha resistito anche nel merito assumendo la infondatezza della domanda di controparte Ciò detto con riguardo alle prospettazioni delle parti deve essere dichiarata l’incompetenza per territorio del Tribunale di Verona a pronunciarsi sul ricorso di cui in epigrafe essendo invece competente il Tribunale di Treviso nel cui circondario risiede la resistente.
Invero la ricorrente non ha contestato la propria qualifica di professionista né quella di consumatore della convenuta, nell’ambito del rapporto posto a fondamento della domanda giudiziale, e del resto una simile ricostruzione è pienamente conforme a quelle che sono le caratteristiche di tali figure giuridiche secondo l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte. La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che ai fini della disciplina sui contratti del consumatore “è professionista la persona che assume verso l’altra impegno di svolgere a suo favore un compito da professionista intellettuale se l’impegno è assunto nel quadro di una attività svolta in modo non occasionale” (Cass. 20 marzo 2010, n.6824; Cass. 27 febbraio 2009 n.4914; Cass. 2 gennaio 2009 n.20, con riguardo alla figura professionale del medico e Cass. ord. 26 settembre 2008 n.24257 e Cass. ord. 4 maggio – 9 giugno 2011 n.12685 con riguardo all’avvocato).
 A sostegno di tale interpretazione è stato anche osservato che lo stesso art. 3 del cod. cons. alla lett e) individua nel prodotto destinato al consumatore una prestazione di servizi.
Parimenti, per quanto attiene alla definizione di consumatore, occorre aver riguardo al prevalente orientamento giurisprudenziale secondo il quale è tale la persona fisica che, anche se svolge attività imprenditoriale o professionale, conclude un qualche contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di tale attività (così Cass. Sez. Un. 20 marzo 2008 n.7444 e Cass. ord. 4 maggio – 9 giugno 2011 n.12685); mentre deve essere considerato “professionista” tanto la persona fisica quanto la persona giuridica, sia pubblica che privata, che invece utilizza il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale e professionale (Cass. 23 febbraio 2007, n.4208) E’ appena il caso di aggiungere che tali principii valgono per tutti i professionisti intellettuali, ivi compresi quelli che, come l’attrice, svolgono attività rientranti anche nelle competenze proprie dei dottori commercialisti, consegue che nella fattispecie.
Da tali premesse consegue che nella fattispecie, versandosi in una ipotesi di contratto d’opera professionale intellettuale, avente ad oggetto prestazioni di varia natura (legale-tributaria) tra l’associazione ricorrente e la consumatrice resistente la clausola di deroga del foro del consumatore è nulla ai sensi dell’art. 36 primo comma d. lgs. 206/2005, trova applicazione il combinato disposto degli artt. 33, lett u) e 34 comma 4, del d. lgs. 209/2005, e quindi, in difetto di allegazioni e prove da parte della ricorrente idonee a vincere la presunzione di vessatorietà della clausola in esame o a dimostrare che essa fosse stata oggetto di specifica trattativa nella fase precontrattuale, il foro esclusivo del consumatore, corrispondente al luogo di residenza della resistente.
Sul punto giova rammentare, che la clausola derogativa del foro del consumatore è nulla anche laddove il foro indicato come competente risulti coincidente con uno dei fori legali di cui agli art. 18, 19 e 20 c.p.c. (Cassazione civile, sez. III, 20/03/2010, n. 6802).
Quanto all’assunto di parte ricorrente secondo cui l’eccezione della resistente è tardiva in quanto avrebbe dovuto essere sollevata non oltre dieci giorni prima dell’udienza di comparizione delle parti esso muove dalla premessa, giuridicamente errata, secondo cui il foro del consumatore è esclusivo ma derogabile.
In realtà tale criterio attributivo della competenza per territorio ha carattere inderogabile, essendo suscettibile di rilievo ufficioso, come si evince chiaramente dal disposto dell’art. 36, comma 3 del d. lgs. 206/2005 che prevede che “la nullità (sott. delle clausole considerate vessatorie) opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice” (sul punto negli stessi termini, sia pure con riferimento all’art. 1469 bis c.c., di contenuto identico alla norma sopra citata, abrogata dal d. lgs. 206/2005: Cass., sez. III, 13 giugno 2006 n.13642).
Orbene la norma del codice del consumo sopra citata, alla quale deve riconoscersi natura di norma sia di diritto sostanziale che di diritto processuale, individua una ipotesi di incompetenza per territorio inderogabile ai sensi dell’art. 28 ultima parte c.p.c. e va quindi coordinata con l’altra disposizione del codice di rito che definisce il termine di decadenza dalla proposizione della corrispondente eccezione, ossia il terzo comma dell’art. 38 c.p.c.
Quest’ultima norma, dopo la modifica operata dalla L. 69/2009, consente ancora il rilievo ufficioso del difetto di competenza per territorio ma non più, come nella versione previgente, anche quello su eccezione di parte, fino all’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., come era già in precedenza.
Il momento ad essa corrispondente del procedimento sommario di cognizione va individuato nella udienza di comparizione delle parti che è destinata alla definizione del thema decidendum.
Dimostrando piena consapevolezza dei predetti profili la difesa della resistente, all’atto della costituzione in giudizio ha sollecitato questo Giudice ad avvalersi del potere di rilievo ufficioso che pertanto può ora essere esercitato.
 Le spese del procedimento vanno poste a carico della ricorrente in applicazione del criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo facendo riferimento ai parametri introdotti dal d.m.140/2012 e tenendo conto che nel presente giudizio non vi sono state né la fase istruttoria né quella decisoria.
P.Q.M 
Dichiara l’incompetenza per territorio del Tribunale di Verona a pronunciarsi sulla domanda di cui in epigrafe essendo competente il Tribunale di Treviso e condanna la ricorrente a rifondere alla resistente le spese del procedimento che liquida nella somma complessiva di euro 2.500,00 per compenso, oltre Iva e Cpa.
Verona 26 aprile 2013.

Nessun commento: