sabato, novembre 02, 2013

CASO LIGRESTI, PER L’OUA QUELLA DEL MINISTRO CANCELLIERI È SENZA DUBBIO UNA CONDOTTA CENSURABILE: DIMISSIONI!

NICOLA MARINO, OUA: “NELLE CARCERI NON CI POSSONO ESSERE DETENUTI DI SERIE A CON IN SANTI IN PARADISO E ALTRI DI SERIE B SENZA DIRITTI. LE CONDIZIONI DI DETENZIONE SONO SPESSO DISUMANE PER I PRESUNTI PICCOLI DELINQUENTI, COSÌ COME PER I COLLETTI BIANCHI. ATTENDIAMO SPIEGAZIONI CONVINCENTI O LE DIMISSIONI DELLA GUARDASIGILLI. QUELLO DELLE TELEFONATE È UN PESSIMO VIZIO DELLA POLITICA ITALIANA”.
Duro il giudizio dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura su quanto emerso nei verbali dell’inchiesta Fonsai in relazione all’interessamento del ministro Cancellieri, mediante diverse telefonate con la famiglia Ligresti, per le condizioni di detenzione di Giulia Ligresti.
Per il presidente dell’Oua, Nicola Marino, quella della Cancellieri, «è una condotta gravissima, un ennesimo episodio di “malapolitica” a tutela di una “potente” in gravi condizioni di salute (che sono la dimostrazione di un serio problema dei nostri istituti penitenziari), come è la figlia di Ligresti, in carcere da diversi mesi e ora ai domiciliari».
«Assistiamo – aggiunge - a una gestione opaca di una vicenda, in cui un malinteso senso dell’“amicizia” (oltretutto il figlio della Cancellieri, lavorava in Fondiaria, appunto), porta a un interessamento che, seppur si dimostrasse lecito, è decisamente censurabile».
«Le condizioni di detenzione – continua il presidente Oua - sono spesso disumane per i presunti piccoli delinquenti, così come per i colletti bianchi. Le telefonate del ministro, un pessimo e ricorrente vizio della politica italiana, necessitano di spiegazioni davvero convincenti in Parlamento, altrimenti attendiamo le dimissioni. Nelle carceri non ci possono essere detenuti di serie A, con i “santi in paradiso” e altri di serie B senza diritti».
«D’altronde questo è l’ennesimo errore del Guardasigilli – conclude Marino - come dimostrano le continue polemiche che l’hanno coinvolta in questi mesi, dal caso Ablyazov, la deportazione della famiglia kazaka, al fuorionda contro l’avvocatura, il famoso “me li tolgo dai piedi”».

Roma, 1 novembre 2013

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