mercoledì, novembre 13, 2013

Riforma della Giustizia: l’impotente lobby degli avvocati.

Ieri Lorenzo Salvia su Il Corriere della Sera ha scritto sul lobbismo in Italia verso il legislatore, riferito all’uso delle e-cigarette, nel quale ha infilato di sbieco il lobbismo degli avvocati, certificato a suo dire dalla presenza di 72 avvocati nelle Camere.
Spiegherò perché ciò è stato un pessimo esempio di giornalismo, superficiale, non documentato e soprattutto non rispondente al vero. Finalizzato a perpetrare la bufala della “casta” degli avvocati e la menzogna di una forza lobbistica che l’avvocatura non ha. Imputandole implicitamente lo sfacelo della giustizia italiana. Salvia usa il prezzemolo della lobby degli avvocati.
Se fosse vero ciò che scrive (pur se allusivo) l’avvocatura non sarebbe oggi in questo stato comatoso e poco dignitoso, nel quale versa per colpe certo sue (della governance inamovibile e poco lungimirante) e per colpe di altri (del vero lobbismo, quello di Confindustria, ben rappresentato per altro dal Corriere della Sera, teso ad appropriarsi di una parte del mercato dell’avvocatura).
Si finge di non sapere quale sia la vera condizione dell’avvocatura e della giustizia in Italia, legate a stretto filo. L’avvocatura ha rilievo costituzionale e partecipa, insieme alla magistratura, alla realizzazione della giustizia. Entrambe in pessimo stato.
L’avvocatura annovera circa 220.000 professionisti (tanti ma solo una parte difensori nelle aule di giustizia), di cui la metà ha meno di 43 anni e quasi il 40% è composto da donne.
Meno del 10% del totale produce oltre il 50% del Pil dell’avvocatura. Negli ultimi 3 anni la redditività media è in forte calo, penalizzando i più giovani e creando la c.d. “proletarizzazione” del ceto forense.
La Cassa di Previdenza Forense (con un patrimonio di 6 miliardi di euro e che ha appena garantito 50 anni di sostenibilità) è stata negli ultimi 2 anni depredata dal legislatore che ha usato come legislatore illegittimo l’Istat – poi entrambi spalleggiati dal Consiglio di Stato – fingendo di considerarla “pubblica” (senza però finanziarla, anzi è vietato) così aggredendo il patrimonio accumulato, e soprattutto l’assistenza (c.d. welfare, soprattutto per i giovani e i più deboli), per fare “cassa”.
Un comportamento indecente. L’avvocatura da anni chiede una seria riforma della giustizia, nell’interesse di tutti, per garantire un sistema efficiente e celere di tutela. Per ciò ha contrastato il progetto della mediazione obbligatoria ritenendo contraddittorio obbligare i contendenti ad uno strumento di adr (nel quale pure crede) senza responsabilizzarli verso una tale scelta.
Eppure la mediazione obbligatoria è vigente. L’avvocatura si è opposta al taglio a raso dei tribunali perché tale scelta non ha distinto tra tribunali efficienti (e necessari come presidi di legalità) da quelli inefficienti.
Nel calderone sono però stati salvati tribunali minori, sedi politiche di alcuni papaveri. I tribunali sono stati comunque tagliati, anche se sarà forse rimessa l’ultima parola al referendum.
L’avvocatura si è opposta all’aumento indiscriminato delle spese di giustizia (contributo unificato e “marche”) perché ciò impedisce l’accesso alla giustizia ai meno abbienti. Gli aumenti ci sono stati e continuano ad esserci.
L’avvocatura chiede che il processo telematico venga finalmente compiuto e semplificato, perché ciò comporterebbe una notevole riduzione delle spese ed una giustizia più efficiente. Il processo telematico è però ancora incompleto.
L’avvocatura ha chiesto di salvare il tariffario semplificandolo nell’interesse dei cittadini (trasparenza e certezza) ma ha dovuto subire l’ipocrita campagna di Monti sulle liberalizzazioni dell’avvocatura, così subendo la definitiva abrogazione delle tariffe, per poi farle rientrare dimezzate con lo strumento dei “parametri” che consentono ai magistrati di divenire gli artefici del rapporto economico tra avvocati e clienti.
Dov’è la liberalizzazione in tutto ciò?
L’avvocatura chiede da tempo di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, al fine di garantire il pieno rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone detenute.
Il problema è ben lontano dall’essere risolto. Dunque dove sarebbe il lobbismo dell’avvocatura in tutto ciò? Gli esempi potrebbero continuare a decine.
Vero è che tra i 72 avvocati nelle Camere ci sono stati (e ci sono) vili mercenari al soldo del padrone. In palese conflitto di interesse. Ma è lobbismo questo verso l’avvocatura o svilimento della sua immagine? E’ invece opportuno affrontare uno dei più gravi problemi del nostro Paese: la malagiustizia.
Si scoprirà che la classe politica ha interesse a mantenere l’Italia in uno stato di perenne corruzione, incertezza del diritto, illegalità sostanziale non perché così vuole la lobby degli avvocati (inesistente) ma perché così vuole la criminalità e la massoneria degli affaristi.
Si scoprirebbe la verità. Forse il vero scopo del giornalismo.

di Marcello Adriano Mazzola | 13 novembre 2013

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