lunedì, febbraio 22, 2016

Gettoni di presenza al CNF: AIGA Salerno chiede chiarimenti al COA di Salerno ed al Consigliere del CNF Avv. Salvatore Sica.



Di seguito il testo della Pec inviata da Aiga Salerno al Coa Salerno in merito al "Regolamento Rimborsi Spese e Gettoni di Presenza": 
On.le 
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati 
di Salerno 

Oggetto: Delibera Consiglio Nazionale Forense del giorno 11 dicembre 2015 – richiesta chiarimenti rappresentante territoriale presso il Consiglio Nazionale Forense – richiesta convocazione assemblea straordinaria degli Avvocati iscritti all’Ordine di Salerno – assunzione di impegno alla richiesta di revoca.

Preg.mo Signor Presidente e Signori Consiglieri,
è stata reso noto, solo alla data di ieri 18 febbraio 2016, il regolamento adottato dal Consiglio Nazionale Forense lo scorso 11 dicembre rubricato “Regolamento Rimborsi Spese e Gettoni di Presenza”.
In un momento storico  e socioeconomico in cui tutta l’Avvocatura vive un gravissimo disagio che ha portato a migliaia di colleghi addirittura alla cancellazione dall’Albo professionale, la scelta di applicare norme contenute agli articoli 3 e 4 del detto regolamento, che prevedono ingenti indennità, dai € 90.000,00 ai € 50.000,00 per i componenti dell’Ufficio di Presidenza, e di € 650,00 per ciascuna seduta stanziato in favore dei propri Consiglieri Nazionali, appare gravemente inopportuna oltreché incompatibile con lo spirito volontaristico che ha sempre contraddistinto l’assunzione di un incarico da parte di Avvocati che, in assoluta libertà, hanno ritenuto di candidarsi per ricoprire quei ruoli nella piena consapevolezza della sostanziale gratuità.
La sezione AIGA di Salerno, raccolte le numerosissime istanze dei soci e di tanti avvocati che, pur non facenti parte – per raggiunti limiti di età – della nostra associazione, hanno inteso condividere con noi il loro sgomento per quanto accaduto, visto il sostegno che da sempre codesto On.le Consiglio dell’Ordine ha mostrato per la tutela di tutta l’Avvocatura, ed in particolare della Giovane avvocatura, chiede che al più presto venga convocata un’assemblea straordinaria di tutti gli iscritti al Foro di Salerno in occasione della quale l’Avvocato Salvatore Sica, rappresentante territoriale per il Distretto della Corte d’Appello di Salerno presso il Consiglio Nazionale Forense, possa fornire chiarimenti e motivazioni riguardo l’approvazione del sopracitato regolamento varato lo scorso 11 dicembre. 
Chiediamo altresì che, in occasione della soprarichiesta assemblea, venga posta all’ordine del giorno la revoca del regolamento sopraindicato e che codesto On.le Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno si faccia portavoce, presso le sedi competenti, anche per il tramite dell’Avvocato Salvatore Sica, della posizione assunta dagli Avvocati del Foro di Salerno. 

Aiga Salerno 
Il Presidente 
Avv. Giovanni Balbi

mercoledì, febbraio 10, 2016

Un giornale di politica per gli avvocati: sono contrario.

Dall'ultimo bilancio consuntivo (2014) del Consiglio Nazionale Forense risulta che i ricavi per i contributi degli avvocati italiani ammontano ad € 9.871.373 (a testa: € 25,83 per gli ordinari ed € 51,66 per i cassazionisti), con un avanzo di gestione di € 2.148.288, che contribuisce ad incrementare il patrimonio netto accumulato alla non indifferente somma di € 18.453.136.
I dati dimostrano che il CNF sta accumulando denaro degli avvocati contribuenti senza sapere dove metterli. Se a ciò si aggiunge che i crediti verso gli Ordini Forensi hanno raggiunto la bella cifra di € 11.352.573, di cui € 4.396.171 per crediti oltre i dodici mesi ed € 6.929.386 entro i 12 mesi, non è chi non veda che qualche cosa non funziona.
Come è possibile che un ente amministrativo al quale tutti gli avvocati sono obbligati ad iscriversi tramite gli Ordini territoriali per poter esercitare la professione, possa accumulare un patrimonio di tale entità senza avere programmi di investimento a vantaggio di tutta la categoria?
Qualcuno deve aver pensato la stessa cosa ed allora, la notizia è sconvolgente, è nata l'idea di editare "un giornale di informazione, completo, che si occuperà di politica e di giustizia, di esteri, di cronaca, di cultura e di spettacoli".
Infatti sul sito del CNF del 18 dicembre 2015 si leggeva questo titolo: "Nasce 'Il Dubbio' - L'informazione garantista – Quotidiano dell'avvocatura". Quale mezzo più efficace per spendere gli avanzi di gestione e azzerare il patrimonio accumulato e quello da recuperare?
Infatti, subito dopo l'annuncio, sono state acquisiti altri dati interessanti: a) il quotidiano avrà una redazione di una dozzina di persone guidata dal direttore Piero Sansonetti, giornalista che ha condiretto, diretto e fondato vari giornali di sinistra come "L'Unità", "Liberazione", "Gli Altri" e, da ultimo, "Il Garantista", quotidiano morto e sepolto dopo circa un anno di vita stentata, e che è stato accusato persino di "funzionalità berlusconiana"; b) avrà una tiratura di 6.000/10.000 copie distribuite in edicola in una decina delle principali città italiane al prezzo di € 1,50; c) per stampa e distribuzione sono previste spese annue di circa € 1.600.000,00.
Ma non sono queste le notizie che preoccupano di più l'avvocatura italiana, bensì che un organo giurisdizionale (il CNF è un giudice speciale le cui sentenze sono pronunciate "In nome del popolo italiano" e possono essere impugnate avanti le Sezioni Unite della Corte di Cassazione) pensi di distribuire un giornale quotidiano che si occupa di 'politica', che dovrà avere una linea, per l'appunto, 'politica'.
E quale sarà questa linea, che dovrebbe rappresentare il punto di vista politico di 235 mila avvocati, di cui il CNF pretende di essere, quanto meno, il portavoce? Quella del presidente? Quella dei suoi 33 consiglieri, eletti (si presume) per le loro competenze giuridiche e deontologiche e non certo per le loro idee politiche? Oppure del suo direttore?
Quale che sia la linea politica del quotidiano, è evidente che si scateneranno conflitti inconciliabili nell'ambito dell'avvocatura italiana, già da sempre divisa su quasi tutto.
Senza contare che il mio giudice naturale mi sanziona o mi assolve, ma non mi impone le sue scelte di politica forense (non parliamo di scelte di politica generale).
E' come se, ad esempio, la Corte di Cassazione o il CSM pubblicassero un quotidiano 'politico'.

di Avv. Carlo Dolci
L’ECO DI BERGAMO

lunedì, febbraio 08, 2016

Tribunale di Salerno: udienza civile di stamane.



Deontologia: L’avvocato non può mettersi in contatto diretto con la controparte che sappia assistita da altro legale.

Costituisce comportamento deontologicamente scorretto prendere accordi diretti con la controparte, quando sia noto che la stessa è assistita da altro collega (art. 27 cdf, ora art. 41 ncdf).
Tale precetto deontologico si riferisce alla intera “assistenza” da parte del legale di controparte a quest’ultima, che (in assenza di revoca o nomina di altro difensore) deve ritenersi estesa anche alle attività immediatamente successive e dipendenti dalla decisione giudiziaria, ancorché il mandato ad litem conferito dal difensore della controparte abbia cessato la sua funzione con la conclusione del grado del processo.
(Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima è stata inflitta la sanzione dell’avvertimento).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Ferina), sentenza del 29 dicembre 2014, n. 211 NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f Vermiglio, rel. Baffa), sentenza del 10 aprile 2013, n. 61.

martedì, febbraio 02, 2016

La giustizia difensiva che peggiora la vita al cittadino.

E’ notorio come da tempo esista la medicina difensiva, con lo scopo di irrigidire le prescrizioni mediche impartite dal medico, al fine di sottrarsi da eventuali azioni di responsabilità.
Peccato come sia oramai altrettanto noto come una tale prassi costi molto di più al Sistema sanitario e spesso peggiori la vita del paziente (esposto a più analisi, più cure farmacologiche etc.).
Ecco qualcosa di simile oramai esiste anche nel sistema Giustizia.
Il sistema reagisce infatti alle azioni (giurisdizionali, ergo cause) con soluzioni assai discutibili, invece che riorganizzarsi e rendersi più efficiente.
Partiamo dai falsi luoghi comuni, oramai recitati e ripetuti come mantra fino a farli credere come veri: 1) abbiamo oltre 6 milioni di cause pendenti nel processo civile: a parte il fatto che dichiarare che si sia affetti da metastasi serve a ben poco ove non si proceda a verificare quali siano le cause reali, ove si consideri che la Pubblica Amministrazione inefficiente è la prima fonte di cause (es. contro l’Inps, contro le Agenzie delle Entrate che agiscono temerariamente e senza contraddittorio etc.); in realtà il numero attuale è di poco oltre 4 milioni, come ha di recente relazionato il dott. Barbuto al Ministero della Giustizia; 2) in Italia l’elevato numero dei processi lo si deve al numero abnorme di avvocati: che sia elevato (attualmente circa 215.000) è indiscutibile ma non vi è alcuna correlazione scientifica così come ha sottolineato personalmente il Guardasigilli di recente (Rimini, ottobre 2015); 3) gli italiani son troppo litigiosi, tesi scientifica smentita dai numeri, sempre dal dott. Barbuto al Ministero della Giustizia di recente; 4) i giudici italiani hanno le performance migliori d’Europa, altra tesi assai discutibile ove si pensi al recente caso del giudice che nel rinviare una causa alle calende greche (2019) si autogiustificava asserendo che avesse già carichi di lavoro che non potevano certo sfociare in ritmi da schiavismo in contrasto con i diritti fondamentali dell’uomo. Ora si pensi come nel suddetto carico ogni giudice contempli almeno ¼ (sino a 1/3) di udienze fuffa (così dette di precisazione delle conclusioni, ove le parti processuali presentano per iscritto le domande finali, in cui i difensori neppure parlano e in cui i giudici annuiscono con un battito di ciglia).
Eppure i falsi luoghi comuni hanno creato anticorpi discutibili, realizzando dunque la Giustizia difensiva, rendendo complicato ove non arduo domandare tutela al giudice, pertanto realizzando una sacca enorme di diniego di giustizia e costruendo un diritto censorio.
Negli ultimi anni il legislatore ha: a) introdotto strumenti di Alternative Dispute Resolution, assai utili ma in modo discutibile, lacunoso e fazioso (mediazione obbligatoria, mediatori non qualificati, mediazione non terza nel tributario etc.); b) aumentato a dismisura i costi di accesso alla giustizia (introitati dai ministeri della Giustizia e delle Finanze, fino a dover anticipare migliaia di euro o, per fare qualche esempio, dover pagare oltre 700 euro per fare un ricorso in Cassazione per una causa che valga 6.000 euro; c) inventato il cosiddetto filtro nei giudizi di appello e soprattutto di Cassazione, secondo cui soprattutto nel secondo i ricorsi vengono dichiarati inammissibili fino al 90% secondo indecifrabili criteri posti a metà tra la matematica, il bizantino e l’onirico.
Tirare una moneta in aria offre maggiori chance di successo.
Al contempo i giudici hanno: d) applicato gli artt. 91 (condanna alle spese di lite) e 96 (cosiddetta lite temeraria) c.p.c. a targhe alterne: se vinci contro una Pubblica Amministrazione il giudice, pur non potendolo fare, ti compensa le spese (ergo ti paghi le tue) e ti condanno al risarcimento (ad libitum) se osi intraprendere azioni che non mi garbano (ricordo il giudice torinese, ascoltato ancora sabato a Milano) che ha condannato pesantemente i consumatori clienti delle banche per aver osato contestare l’usurarietà degli interessi (sommandoli) anche se una parte della giurisprudenza lo conferma (ma non lui perché “io devo tutelare il sistema”, bancario ovviamente); e) creato ostacoli di ogni sorta alla realizzazione compiuta del Processo Civile Telematico (nato per ridurre tempi e costi della giustizia), con sentenze creative che hanno seminato una miriade di ostacoli, al cospetto di norme tecniche già scritte da folli burocrati.
Tutto questo, invece di affrontarsi alla radice i problemi della inefficienza della giustizia (con una migliore organizzazione del sistema) ha intimidito gli “utenti” della giustizia.
Il risultato è stato inquietante: da anni decine di migliaia di persone rinunciano a chiedere giustizia pur dinanzi alla demolizione dei loro diritti fondamentali, perché economicamente non possono farlo o temono di poter vincere, ma di fatto perdendo.
Et voilà, l’ingiustizia sociale è servita!

di Marcello Adriano Mazzola 
| 1 febbraio 2016